La recente approvazione delle nuove Linee Guida che consentono negli ospedali pugliesi di indurre farmacologicamente un aborto volontario in regime di day-hospital, sta dando nuovo stimolo al dibattito sulla interruzione volontaria di gravidanza e sulla legge che la regolamenta in Italia ed in Puglia in particolare. E sarebbe un peccato affrontarlo secondo prospettive vecchie, stantie, assolutamente inefficaci; è necessario togliere gli occhiali dell’ideologia e riconsiderare il problema oggettivamente, ed almeno da una duplice prospettiva.
I decenni trascorsi dal 1978, anno di approvazione della legge 194 che legalizzava l’aborto volontario in Italia, sono stati caratterizzati dal progressivo, costante crollo della natalità italiana. Attualmente, nel nostro Paese il numero medio di figli per donna è di 1.35; in Puglia è di 1.25, con la nostra regione che supera solo Molise, Basilicata e Sardegna. Nel 2015, sono nati 31.385 nuovi bambini pugliesi, con un tasso di natalità di 7.7 nati per mille abitanti, contro l’8 per mille nazionale e il 9.7 per mille del Trentino Alto Adige, regione italiana con la più alta natalità.
Negli ultimi 10 anni, in Puglia il tasso di fecondità è sceso del 3%; e se nel 1995 in Puglia si contavano circa 752mila bambini di età compresa tra 0 e 14 anni, nel 2016 se ne contano poco meno di 563mila. In 21 anni, in media, abbiamo avuto 9.000 bambini pugliesi in meno all’anno. Tanti quante le IVG riscontrate in Puglia.
E la costante diminuzione della popolazione femminile in età fertile fa presagire dati ulteriormente peggiori per la natalità dei prossimi anni. Infatti, un altro dato deve preoccupare i decisori politici. Tra il 2001 e il 2015 la Puglia ha perso una popolazione tra 25 e 39 anni pari a 175.000 persone, di cui circa 95.000 donne. Si tratta di una popolazione centrale che costruisce il presente e pone le basi per il futuro (fa figli). Le previsioni al 2025 stimano una ulteriore riduzione di circa 90.000 persone di cui 47.000 donne!
Possibile che la Puglia debba essere una regione esclusa ai giovani? Eppure l’innovazione, lo sviluppo, le nuove opportunità, la società aperta e dinamica si basa su questa fascia di età.
Ma “l’attuale denatalità mette a rischio il Welfare italiano”, ha dichiarato il Ministro della Salute presentando il suo Piano nazionale per la Fertilità. In altre parole, se non aumenteranno le nascite, in Puglia come in tutta Italia si arriverà alla insostenibilità della spesa pubblica per previdenza, pensioni, assistenza, sanità, scuola…; e numerosi economisti affermano che la crescita della natalità è un fattore fondamentale per la ripresa economica.
In questa prospettiva, urgono politiche di contrasto della denatalità, tra cui l’adozione di misure in grado di prevenire almeno parte dei 9000 aborti registrati annualmente in Puglia. C’è davvero qualcuno che non ritenga doveroso ed assolutamente civile aiutare una donna in difficoltà che porta suo figlio nel grembo, ma desiderosa di farlo venire al mondo, a poterlo fare?
D’altro canto, la stessa ISTAT, nel suo recentissimo report “Condizioni di vita e reddito”, denuncia che oggi in Italia le persone più a rischio di povertà o di esclusione sociale sono proprio le famiglie con un numero di figli superiori a 2, in particolare nel Mezzogiorno, dove la nascita di un figlio in più fa precipitare una famiglia sotto la soglia di povertà.
Che fare, allora?
Questa situazione, tanto contraddittoria quanto drammatica è sotto gli occhi di tutti, e richiede un urgente intervento della politica regionale, in termini di interventi sia nel campo della prevenzione dell’aborto che in quello del sostegno ai nuclei familiari con figli.
Non tutti sanno che del fenomeno aborto non conosciamo le cause reali. La Relazione annuale del Ministro della Salute sullo stato di attuazione della legge 194 non contiene indagini sui motivi che inducono le donne a questa drammatica scelta. E non possiamo dare per scontato che il problema sia solo economico
Perché non organizzare una specifica indagine della Regione Puglia, promuovendo poi specifiche azioni preventive? Perché non mettersi a farlo insieme, istituzioni e privato sociale, associazioni, volontariato, ecc.?
Ci sono tante esperienze in atto in tutta Italia, Puglia compresa, che possono raccontare che qualcosa di diverso è possibile. Centri di ascolto e di accoglienza, servizi di aiuto alla vita nascente, a cui le donne, native ed immigrate, possono rivolgersi e ricevere concreta solidarietà: casa, aiuti economici, sostegno nel trovare un lavoro… Nel solo 2015 questi Centri hanno permesso la nascita di 9.000 Bambini ed hanno assistito oltre 30.000 tra gestanti ed altre donne in difficoltà
Ci sono consultori familiari del privato sociale, riconosciuti dalla Regione Puglia come parte del servizio sanitario regionale pubblico integrato, e in attesa di accreditamento (legge regionale 30 del 1977 e poi Piano regionale di Salute del 10.8.2008), ove viene data particolare importanza alla sfera relazionale di una donna, lavorando sulla relazione di coppia, che non di rado è causa del disagio che spinge la donna ad abortire.
La legge 194 prevede la collaborazione fra Istituzioni e privato sociale qualificato per la prevenzione delle IVG e l’accompagnamento delle donne in difficoltà. Il Forum delle Famiglie in Puglia ha già proposto l’istituzione di un Albo regionale di associazioni del privato sociale in grado di offrire interventi qualificati e strutturali.
Anche in Puglia si può fare quanto già avvenuto, ad esempio, in Emilia Romagna, dove Protocolli di intesa fra Comuni, ASL e privato sociale hanno garantito un calo dell’abortività del 9%; dove intese fra Regione, ASL e reti associative ha garantito la possibilità per tante donne in difficoltà, migranti comprese, di avere un punto di riferimento a cui rivolgersi. Per una scelta davvero consapevole, responsabile, e quindi libera. Non per rimanere nella solitudine e rassegnarsi ad essa.
E’ la logica della sussidiarietà, della valorizzazione della società civile, della responsabilità sociale delle famiglie, delle persone, delle associazioni, che vivono anche così la loro cittadinanza attiva.
D’altro canto, è possibile ed urgente individuare interventi di sostegno alle famiglie, specialmente se numerose, a cominciare dall’adozione di quel Fattore Famiglia che, sul piano fiscale come su quello tariffario e di accesso ai servizi pubblici permette di considerare i carichi familiari (figli, anziani, disabili a carico). Non è sufficiente il solo ISEE, poiché non tiene conto in modo adeguato dei carichi familiari.
Sono necessarie azioni per favorire l’occupazione femminile, mantenere al lavoro le donne che vivono la maternità e ne desiderano più di una, premiare la maternità della donna lavoratrice come riappropriazione del “tempo fertile sottratto alla produzione”, quindi azioni per il welfare aziendale, per l’armonizzazione vita lavorativa vita familiare, politiche della città a misura di famiglia (non solo di bambini e anziani).
Sono solo alcuni esempi di azioni possibili, per cui il Forum fa appello a tutti i membri della Giunta e del Consiglio regionale.
Ma è necessario liberarsi della ideologia, e porsi insieme a servizio e della meravigliosa libertà dell’’essere madri e padri.
IL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI DI PUGLIA