Francesca aveva solo 18 anni quando ha messo al mondo Angela. Solo 7 mesi dopo ha scoperto di essere di nuovo incinta. «Ero in preda alla disperazione poiché le possibilità economiche non mi permettevano nulla – racconta oggi che di anni ne ha 23 -. Mi sono recata al consultorio per richiedere l’interruzione di gravidanza e la psicologa mi ha consigliato di rivolgermi al Centro di aiuto alla vita. Ho ricevuto immediato sostegno morale, ginecologico/ostetrico ed economico, oltre che beni in natura». Grazie a loro, ha potuto abbracciare Patric, il suo secondo figlio.
Giovanna aveva 37 anni quando ha scoperto di aspettare una bambina. «Era un periodo veramente tragico per me, perché mi ero appena separata, non stavo bene, non avevo un aiuto economico, ero senza lavoro». Anche lei, in un momento così difficile, entra in contatto con un CaV. «Non si tratta di una questione puramente economica, più che altro affettiva. Con l’aiuto dei volontari non mi sentivo mai sola, sapevo che c’era qualcuno che mi seguiva, che mi dava una mano, che era presente. Ho avuto la fortuna di essere seguita da specialisti veramente fantastici, sia umanamente che professionalmente. Devo loro la vita e li ringrazio tanto perché ho una figlia bellissima. Sono passati tre anni e io ho ancora con me quel numero telefonico, perché so che posso sempre contare su di loro».
Francesca e Giovanna sono solo due delle donne che, dopo timori, titubanze e difficoltà, hanno deciso di accogliere i loro bambini grazie al sostegno economico, professionale, ma soprattutto umano, dei Centri di aiuto alla vita.
Forse molte altre vorrebbero farlo, ma si lasciano sovrastare da quello che sembra un problema più grande di loro. «Da noi ne vengono pochissime – racconta la dottoressa Michela Di Gennaro, responsabile della Federazione dei consultori di ispirazione cristiana – e soprattutto quando hanno già preso la decisione di abortire, solo per ottenere il certificato. Arrivano sempre da sole, mai accompagnate da mariti o fidanzati. Le motivazioni più forti riguardano le condizioni economiche, specie se proiettate nel lungo periodo, ma derivano anche da una certa marginalità sociale. Il problema vero è la mancata prevenzione», che dipende da una scarsa e inadeguata (ove presente) educazione sessuale. Quest’ultima fa sì che non si abbia responsabilità procreativa e, di conseguenza, genitoriale.
Ma l’aborto non è mai una scelta fatta a cuor leggero. «Più le donne sono consapevoli di ciò che stanno facendo, più rifuggono dalla proposta di un’alternativa, spesso trincerandosi dietro un “non la voglio neanche sentire!”», che svela un tumulto interiore non facile da immaginare, figurarsi da reggere. Per questo la vicinanza, l’ascolto, l’appoggio incondizionato del personale medico, di volontari e associazioni possono fare la differenza.
«Una volta è venuta qui da noi una donna – ricorda Michela Di Gennaro con un sorriso -. Stava bene economicamente, ma aveva parecchi figli e non se la sentiva, per motivi familiari e lavorativi, di accogliere quello che stava aspettando. Le dissi di pensarci, di parlare con suo marito, e che la vita portata in grembo non era diversa dai bambini che la aspettavano a casa. Andò via titubante. Tempo dopo, in giro per la città, mi sentii chiamare. Mi voltai e la vidi, anche se lì per lì non la riconobbi. “Dottoressa, io la devo ringraziare”, mi disse, “perché volevo abortire e invece adesso ho un meraviglioso bambino!”».
In Puglia i CaV si trovano a Bari, Barletta, Brindisi, Cerignola, Fasano, Foggia, Francavill Fintana, Laterza, Lecce, Mesagne, Mola di Bari, Monopoli, Noha, Ostuni, Polignano a Mare, San Severo, Talsano, Taranto, Trepuzzi