Si è tenuto lo scorso 21 febbraio in Fiera del Levante il primo seminario per la restituzione dei contributi presentati dalle associazioni familiari durante la Conferenza della famiglia e poi sullo spazio web appositamente allestito dalla Regione, relativi alla Macroarea 2 “Le famiglie: risorse sociali ed educative” che, insieme a quelli delle altre tre, confluirà nei prossimi mesi nel redigendo Piano regionale di politiche familiari.
L’incontro si è aperto con la presentazione del Report sulla situazione in Puglia dei minori fuori famiglia e dei minori stranieri non accompagnati, aggiornato al 31 dicembre 2017. Si tratta di circa 2500 tra bambini e ragazzi, stando ai dati forniti dai Comuni (dei quali però ha risposto solo il 76%). E se gli stranieri – nella maggior parte appartenenti alla fascia d’età tra i 13 e i 17 anni – sono nel 90% dei casi ospitati in comunità, la metà dei minori temporaneamente allontanati dalla famiglia d’origine fruisce dei possibili percorsi di affido familiare, compreso quello diurno con famiglie di appoggio. «Un trend positivo che va sostenuto e ampliato» con uno sforzo costante, come ha ribadito Giulia Sannolla, funzionaria della Sezione Promozione della salute e del benessere della Regione Puglia.
Dei 198 minori che, sempre nell’anno di riferimento, il 2017, hanno terminato la fase di allontanamento, ben il 63% è rientrato nel nucleo familiare d’origine. In questo caso è necessario – si è detto – interrogarsi sulle motivazioni di tali scelte ed eventualmente proporre progetti continuativi che consentano di non perdere i risultati ottenuti nel tempo e di evitare analoghe situazioni di disagio in futuro. È importante monitorare in questo senso anche la situazione dei neo-maggiorenni con programmi ad hoc e studiare le buone prassi già presenti sul territorio.
Una criticità è infatti rappresentata dalla disomogeneità di azione degli Ambiti territoriali. A tal proposito, è stata sottolineata la centralità dell’azione delle associazioni di famiglie accoglienti, spesso in grado di sollecitare le istituzioni locali ad aderire e mettere a frutto il Piano in favore di adozione e affido messo in campo dalla Regione laddove, lasciato all’iniziativa dei Comuni, non di rado è rimasto lettera morta.
In questo contesto si collocano anche le richieste di aiuto e vicinanza espresse dai rappresentanti di “Donare futuro”, per permettere alle famiglie adottive e affidatarie di poter essere ancora più accoglienti e di farlo con maggiore serenità.
Sono cinque le misure urgenti sottoscritte dalla Regione che richiedono uno sforzo da parte di tutti gli operatori per lavorare in rete con le famiglia come risorsa. Le associazioni promotrici della campagna hanno investito tutte le loro competenze mettendole in rete e tentando di sollecitare un coinvolgimento sempre maggiore delle famiglie generatrici di bene nel sociale. Servono più attenzione e formazione degli operatori che devono lavorare “con e tra le famiglie” e non “sulle famiglie”.
L’obiettivo è un cambio della cultura dei servizi, dove azioni concrete, sia nella programmazione sia nella realizzazione degli interventi, vedano il coinvolgimento delle famiglie impegnate e vicine alle situazioni di disagio per realizzare insieme in perfetta sinergia di intenti quella sussidiarietà orizzontale e verticale tra tutti i soggetti in favore dei minori.
Riconoscendo il valore trasversale e l’importanza di ogni famiglia, questi processi inizieranno a costruire comunità solidali degne di far diventare civile il nostro Paese.
È stato tra l’altro proposto di integrare il disciplinare per l’assegnazione ai Comuni del marchio “Puglia loves family” con un ulteriore criterio , consistente proprio nella collaborazione con associazioni e Regione nella diffusione della cultura dell’accoglienza familiare.
A seguire, Caterina Balenzano, ricercatrice di Sociologia generale dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro ha presentato una sintesi delle proposte giunte dai partecipanti alla Conferenza e attraverso la piattaforma web.
Sono emerse molte esigenze e richieste fortemente sentite dalle famiglie e dalle associazioni familiari. Fondamentale per tutti, anche coloro che sono intervenuti nello spazio pomeridiano dedicato alla condivisione delle idee e delle esperienze, è la prevenzione di condizioni di fragilità e di rischio, agendo a monte e investendo sul sostegno alla genitorialità nei confronti di tutte le famiglie, con particolare attenzione a quelle più vulnerabili: monogenitoriali, straniere, con figli diversamente abili…
Tali azioni potranno passare attraverso servizi come consultori e centri famiglia, ma anche attraverso le associazioni familiari. A proposito dei servizi pubblici, si è molto insistito sulla necessità di operare in rete superando, ad esempio, la dicotomia fra consultori pubblici e privati riconosciuti dalla Regione, i quali attendono ancora l‘accreditamento, auspicando un confronto sul modello operativo di questo servizio e una condivisione di buone prassi.
Per la Regione, inoltre, è necessario qualificare ulteriormente e uniformare le tipologie di interventi dei centri famiglia e la formazione degli operatori.
Un’altra esigenza evidenziata nei contributi è stata quella della collaborazione fra scuola e famiglia, da costruire diffusamente sul territorio, superando tentazioni come l’emarginazione dei genitori da parte della classe docente e l’eccessiva intrusione dei primi sulle prestazioni scolastiche dei figli. A tal proposito, è stato anche ricordato che, fin dal lontano 2000, la Regione Puglia approvò l’uso del buono scuola per favorire la libertà di scelta educativa delle famiglie; al momento però tale possibilità non è mai stata messa in atto. Rappresentanti delle associazioni di docenti presenti hanno definito fondamentali il raccordo e la corresponsabilità, nell’educazione dei ragazzi, tra scuola e genitori, con l’esplicito invito a questi ultimi a essere più partecipi della vita dei propri figli, anche appoggiandosi – ancora una volta – alle associazioni familiari e attraverso il dialogo fruttuoso e costruttivo con gli insegnanti e gli altri operatori scolastici.
Dai docenti è venuto anche il racconto di esperienze e buone prassi di percorsi di educazione dell’affettività e della sessualità dei ragazzi, pensati per accompagnarli alla scoperta di sé e dell’altro , diverso da sé, da accogliere nel rispetto, prevenendo così ogni forma di discriminazione e di bullismo. Ciò ha reso possibile anche il coinvolgimento dei genitori che, ore a essere informati previamente su contenuti e metodi di lavoro proposti ai loro figli, hanno chiesto e ottenuto percorsi formativi anche per sé.
L’alleanza educativa è sancita dalle Linee guida della Legge 107 sulla Buona scuola e dalle recenti circolari emanate sul Patto di corresponsabilità e sul Piano dell’Offerta formativa, strumenti fondamentali per un incontro e una collaborazione fra genitori, dirigenti e docenti, forse troppo spesso ridotti, come ha riferito una dirigente presente, ad adempimento burocratico. È necessario dunque ribadire il primario compito educativo dei genitori, ai sensi dell’articolo 30 della Costituzione. I genitori, quindi, in base alle disposizioni del Miur, devono essere adeguatamente informati sulle proposte formative per i propri figli, specialmente in temi sensibili come l’educazione all’affettività e alla sessualità o la prevenzione di ogni forma di bullismo per poter decidere liberamente tra quelle che eventuali associazioni dedicate volessero portare nelle scuole.
Anche la professoressa Angela Volpicella, ordinario di Pedagogia generale e socialedell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, ha sottolineato il ruolo importante dell’associazionismo familiare , che ha paragonato ai nostri centri storici, in cui «i figli di uno sono i figli di tutti e vige il mutuo soccorso». In un tempo e in una società in cui «le famiglie sono diventate sempre più silenziose», ha detto nel suo intervento, l’incontro e l’aiuto reciproco fra simili diventano consolanti, liberatori. Sollevano da un peso, perché «il disagio di uno, spesso è il disagio di tanti» e la condivisione è il primo passo per la cura. Una cura che deve avvenire «in famiglia, per la famiglia, con la famiglia». Secondo la professoressa Volpicella, il cuore del Piano di Politiche familiari dev’essere la formazione, costante a tutti i livelli.
Viceversa, lavorare sulle urgenze è molto più dispendioso in termini di risorse e di impegno, e non raggiunge i medesimi obiettivi.
La criticità principale, espressa dai referenti regionali, è rappresentata dall’assenza di una copertura finanziaria stabile. «Non potremo realizzare tutto – ha detto la dottoressa Francesca Zampano, dirigente della sezione Promozione della salute e del benessere -. Lavoreremo sulle priorità. Sceglierle è il compito della politica, anche in vista del Piano regionale di Politiche Familiari».
«È un lavoro importante quello che abbiamo iniziato – ha commentato la presidente del Forum Famiglie di Puglia Lodovica Carli -. La vera novità è questo dialogo tra istituzioni e associazioni, finalizzato alla costruzione di politiche family friendly, in una logica sussidiaria, nella convinzione che la famiglia non sia un problema, ma soprattutto una risorsa.
La famiglia infatti, pur con tutti i suoi limiti, è il primo ambito in cui si è di fatto educati all’esperienza della relazione con l’altro come fondamentale per l’esistenza; mentre una società come l’attuale, spesso radicalizzata su diritti individuali, non riesce a essere davvero solidale».