Giornata della donna: il lavoro da fare per raggiungere la parità di genere

Riconoscere la fatica fatta dalle donne significa intervenire concretamente per restituire una reale parità di impegno riducendo il gender gap sul lavoro, in Italia infatti è presente un tasso di disoccupazione molto più alto che nel resto d’Europa e con retribuzioni inferiori a quelle degli uomini e questo è vero soprattutto per le regioni del Sud dove l’occupazione femminile raggiunge appena il 32% (Istat).  

Secondo il World Economic Forum saranno necessari in Italia altri 151 anni per raggiungere la parità di genere nel nostro Paese, l’Italia si trova infatti al 3 esimo posto subito dopo l’Uganda e lo Zambia e appena prima della Tanzania nella classifica stilata nel 2022 dall’importante organizzazione internazionale sulla parità di genere nel mondo. Le nostre vicine d’Europa sono messe molto meglio delle italiane, nel resto del Continente il divario tra generi è stata colmato per il 76%, l’Italia è nel fondo della lista posizionata al 25esimo posto degli Stati membri.

 È importante iniziar a costruire, sia da parte pubblica che privata, interventi di conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro restituendo così alle donne la libertà di diventare madri. È quindi il tempo di aumentare i servizi del welfare che, come testimoniato da molte analisi (indagine Censis-Eudaimon 2022), sono la via più sicura per favorire l’autonomia e l’autodeterminazione femminile ovvero favorendo il sostegno alla la cura e gestione dei figli (ad esempio baby-sitter, asili nido per l’84,4%), accanto agli aiuti per familiari non autosufficienti e malattia (84,4%), istruzione e formazione dei figli (73,4%), aumento del supporto al reddito, potere d’acquisto (60,9%), pensione, reddito da vecchiaia (51,6%) .

Queste libertà passano anche dal rendere concretamente operativa la parte preventiva della legge 194 e dall‘energico rifiuto energico della maternità surrogata, la nuova forma di schiavitù femminile attivando le Istituzioni ad impegnarsi per una educazione dell’affettività e della sessualità che, superando vecchi e consunti stereotipi di genere, ci regali la libertà di un femminismo della differenza e la capacità dell’uomo di amare senza violenza.

“Dall’io al noi” per costruire un’alleanza educativa tra scuola e famiglia

«Chi accoglie non si dà semplicemente da fare o fa spazio a qualcuno, ma rinuncia all’io e fa entrare nella vita il tu e il noi». Cita Papa Francesco la professoressa Olga Frate, dirigente scolastica del 1° Circolo Didattico Montessori di Mola di Bari, quando le si chiede quale sia l’errore più grave che i genitori possano commettere nei confronti dei figli. Semplicemente, «non riescono a mettere da parte il proprio ego» in favore di una visione familiare, d’insieme, che metta al centro i bambini e non se stessi.

La professoressa Frate ha scritto una lettera aperta “alla comunità educante” della sua città, che potrebbe essere allargata a una platea molto più ampia, a seguito di inquietanti episodi verificatisi nella sua scuola, dovuti alla visione da parte di alcuni alunni della serie televisiva coreana “Squid game”. Serie – è il caso di ricordarlo – ufficialmente vietata ai minori di 14 anni, non doppiata in italiano, ma trasmessa sottotitolata in lingua originale su una piattaforma a pagamento.

«I disegni dei bambini con scene violente e sangue hanno subìto un’impennata – scrive la preside -. Soggetto ricorrente è una grande bambola seguita da una scia di morti. E ancora. Nelle quarte e nelle quinte classi i ragazzini si definiscono come winner e loser, vincenti e perdenti. Quella che può essere una sconfitta accettabile in un gioco o nello sport diventa occasione per etichettare gli scarti».

Questa modalità così discriminante di interazione, giunta persino ai più piccoli, è secondo lei «una questione di imposizione di modello culturale. La cultura dell’ego è nata con la disgregazione delle grandi narrazioni collettive, politiche e/o religiose. Capitalismo e consumismo hanno alimentato  una cultura dell’ego senza limiti, una cultura che compra e consuma, perché l’ego non si soddisfa mai, ha bisogno di riempirsi di oggetti e l’individuo non fa altro che chiedere cose per se stesso», senza pensare né all’altro, foss’anche suo figlio, né al bene della collettività. «La gente si sveglia con un desiderio, lo appaga e la sera va a letto con un altro desiderio» da inseguire il giorno successivo.

Di fronte a questa situazione, è urgente un cambio di rotta, necessario per proteggere bambini e ragazzi, se non vogliamo che una Giornata come quella dedicata ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si è da poco celebrata, resti solo lettera morta. «Le famiglie, insieme alle scuole e allo Stato, devono creare un vero e proprio “cordone collettivo” intorno a loro, contribuendo a tutelarli anche per quelle persone che, per tanti motivi, non ce la fanno».

Non è facile, in quanto tutti pensano di essere nel giusto coi loro comportamenti, spesso rinforzati dal sovraccarico di informazioni oggi disponibili in rete e scambiato per cultura. «Oggi non sempre le famiglie accettano di affidarsi alla scuola o alla collettività, ma nessuna famiglia deve essere giudicata o condannata. Siamo in una fase di cambiamenti culturali, per cui stanno venendo meno quei paradigmi valoriali che ci hanno sorretto finora e se ne stanno creando altri». E questo non è necessariamente un fatto negativo, anzi. «A livello storico abbiamo assistito a ciò in tanti momenti. Quando l’Impero è crollato sotto i barbari, i romani gridavano alla tragedia, ma da quella disgregazione è nata la nostra civiltà. Così non ci sono famiglie da salvare o, al contrario, da rigettare, nessuno sia giudicato: stiamo assistendo all’evoluzione di un modello familiare e genitoriale e sta a noi cercare di imprimere una direzione che mantenga alcuni valori e ne accolga altri».

Dal canto suo, la scuola continua a rimanere «l’ultimo baluardo di collettività, il luogo in cui il bambino viene invitato a guardare al “noi”, all’altro, che ha gli stessi bisogni e gli stessi diritti. È un luogo importante, perché insegna al bambino ad essere un “io fra i tanti”», che non può monopolizzare l’attenzione o pretendere tutto per sé, come spesso è abituato a fare a casa.

Costruire una vera alleanza educativa tra istituzione scolastica e famiglia, secondo la professoressa Frate, è un lavoro lungo e faticoso, «perché bisogna ripristinare nei genitori un’idea di rispetto dell’autorità, oltre che dell’autorevolezza della scuola, che non sempre c’è. Spesso non si riconosce l’autorità del giudizio della maestra, della decisione del preside, dei divieti imposti…». Tutto è passibile di contestazione.

È necessario dedicare molto tempo, pazienza ed energie alle famiglie, per riportarle ai valori che la scuola rappresenta. «Quando si iscrive un bambino, insieme a lui si iscrive un’intera famiglia, e se non “acchiappiamo” quella famiglia, non “acchiappiamo” neanche il bambino».

Dal loro punto di vista, i genitori devono imparare a dire no, a non consentire ciò che è vietato senza necessariamente cercare il consenso dei propri figli: l’educatore non ha bisogno dell’approvazione dell’educando per svolgere bene il proprio ruolo. Perché alla lunga fanno più danni troppi sì che troppi no.

Infine, bisognerebbe iniziare a sostituire la ricorrente domanda “Cosa vuoi?” con un più empatico “Come stai?”. Perché un sano rapporto di genitorialità inizia proprio da lì.

Riforma fiscale, la nota del Forum delle associazioni familiari

L’istituzione di un fondo pluriennale da 8 Miliardi di Euro per la riduzione della pressione fiscale, contenuto all’interno del Disegno di Bilancio per l’anno 2022, risulta essere un’importante occasione per gettare le basi di una ripartenza dell’economia italiana.

Consapevoli delle variegate e frastagliate istanze dei vari comparti del nostro Paese – economici e non -, come Forum delle Associazioni Familiari non possiamo non evidenziare come da ben 40 anni le famiglie italiane facciano le spese di uno squilibrio fiscale non indifferente. L’articolo 53 della Costituzione, infatti, che prevede che si concorra alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva, non trova piena applicazione per i nuclei familiari, dal momento che nella tassazione dei redditi, per la maggior parte dei casi, i carichi familiari non vengono debitamente considerati, esponendo le famiglie ad una pressione fiscale talvolta eccessiva.

Inoltre, è oramai pacifico che l’attuale scala delle aliquote IRPEF penalizzi le famiglie. Questo sistema vede i redditi fino a € 15.000 tassati al 23% (aliquota già eccessiva in rapporto alla capacità contributiva); i redditi da € 15.000 e € 28.000 tassati al 27%; i redditi da € 28.000 a € 55.000 tassati al 38% con un “salto” di ben 11 punti percentuali rispetto allo “scalone” precedente.

L’Assegno Unico e Universale (AUU) di prossima istituzione – per quanto sia un passo non indifferente in favore delle famiglie –, a motivo delle esigue risorse ad esso destinate, non risolve la disparità sopraesposta, poiché ad una eliminazione delle detrazioni, purtroppo, ad oggi non corrisponde uno speculare strumento che sia da viatico all’equità fiscale.

Come Forum riteniamo che la riduzione della pressione fiscale sia ottenibile in parte con la riduzione delle aliquote IRPEF marginali, ma soprattutto introducendo un correttivo che adegui la tassazione in relazione alla composizione del nucleo familiare. Tale correttivo può essere rappresentato da un sistema che tenga conto, appunto, della composizione del nucleo, ovvero una No-tax Area rapportata ai costi di accrescimento dei figli, dalla loro nascita fino al completamento degli studi o della formazione. Tale No-tax Area potrebbe essere, all’inizio, finanziata con 2 degli 8 miliardi di Euro che figurano nel fondo pluriennale, di cui si fa cenno in apertura.
In seguito all’azzeramento delle detrazioni IRPEF per figli a carico fino a 21 anni, con l’eventuale introduzione nella tassazione di un meccanismo che tenga conto della composizione del nucleo familiare verrebbe data adeguata equità al sistema fiscale. Conseguentemente, le risorse già stanziate per l’AUU risulterebbero opportunamente congrue.

Concludendo, equità fiscale ed Assegno Unico e Universale diventano, insieme, la svolta tanto attesa che può contrastare le situazioni di disagio economico delle famiglie, dare rilancio ai consumi (generando nuove entrate tributarie, nuovo lavoro, nuova occupazione) e infondere nuova fiducia nelle famiglie. Di contro, eliminando le detrazioni IRPEF per i figli a carico senza un provvedimento a regime che tenga conto della composizione del nucleo familiare, tutto il sistema fiscale viene a posizionarsi esclusivamente su base individuale, quindi iniquo e “incostituzionale”.

Roma, 22 Novembre 2021

La tutela dell’infanzia in pandemia e il diritto al futuro

Alla vigilia della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il 16 novembre scorso nel Santuario di Sant’Antonio a Bari è stata organizzata una tavola rotonda dedicata proprio al tema della tutela dei diritti dei bambini e dei ragazzi durante il periodo della pandemia. Sono intervenuti, su invito della fraternità dei frati di Sant’Antonio di Padova di Bari e dell’Associazione Famiglia per tutti Odv, il Comune di Bari con il presidente del I Municipio Lorenzo Leonetti; l’Unicef con Michele Corriero; il Forum delle Associazioni familiari di Puglia con la presidente Lodovica Carli; la psicoterapeuta dell’età evolutiva Donatella Loiacono dell’associazione Restart tutela e promozione della salute; e Terry Marinuzzi dell’APS Scuole diffuse di Puglia.

Ognuno dei relatori ha dato il suo prezioso contributo su quanto sta accadendo in Italia e nel mondo a causa del Covid-19, sia attraverso la competenza specifica professionale, sia con la personale esperienza di genitore e volontario.

Il dottor Corriero ha illustrato il grosso sforzo che Unicef sostiene per la battuta d’arresto dell’attività di promozione e sensibilizzazione sui diritti dovuta alla pandemia. Ciò rende difficoltoso continuare i progetti nei vari Paesi in povertà per la costruzione di scuole e presidi ospedalieri. Ha inoltre espresso preoccupazione sulla popolazione mondiale dei bambini e dei ragazzi, vittime principali delle diseguaglianze, dei conflitti, delle migrazioni forzate. Le loro condizioni di vita sono state rese ancor più critiche dalla pandemia, fino a metterne a repentaglio la stessa vita. Ha citato le situazioni in Africa, in Yemen e in Siria, oltre alla gravissima crisi afgana, che richiede un’attenzione speciale per le condizioni delle bambine e delle donne. A tal riguardo, è stato presentato da una volontaria
di Unicef, Rachele, il progetto “Adotta una pigotta”, che consente l’acquisto di un kit salvavita e promuove la campagna “Covix” per inviare vaccini  contro il Covid ai Paesi in povertà sanitaria ed economica.

La dottoressa Loiacono ha presentato poi i dati delle ultime ricerche sugli effetti psicologici del lockdown e del distanziamento, in particolare con l’arresto delle attività ludiche e di socializzazione dei bambini e dei ragazzi durante il periodo pandemico. Emergenziale è il dato sul fenomeno delle depressioni negli adolescenti e di come sia aumentato il numero dei suicidi tra i ragazzi. Uno sguardo più attento sulla Puglia vede la nostra regione tra le prime ad avere bambini affetti da obesità, da ansia con disturbi dell’alimentazione derivanti da situazioni conflittuali intrafamiliari che con la pandemia si sono acuite, nonché dalla cattiva gestione dello stato di preoccupazione generato dagli adulti riferimento, incapaci di rassicurarli nel periodo di massima restrizione e chiusura di tutte le attività sociali.  A riguardo, un approccio nuovo viene proposto come promozione della salute istituendo servizi di ascolto per le famiglie, soprattutto per gli adolescenti.

La voce delle famiglie ha trovato spazio nell’intervento della dottoressa Carli, che ha parlato del diritto alla vita, a nascere. Purtroppo nel nostro Paese, e in Puglia particolarmente, il quadro è allarmante: sulle stime siamo il Paese con meno nati, con meno futuro. Occorre dunque invertire immediatamente la tendenza generando figli, creando futuro e con esso capitale sociale. Sono stati toccati tutti gli aspetti e le prassi negative, a iniziare dall’inadempienza della politica, che non investe nella famiglia, non la sostiene con politiche che promuovano ed incoraggino le coppie a fare figli pur desiderandoli. Il nostro sistema Paese non crea sicurezza e stabilità economica, addirittura in Italia mettere al mondo il secondo figlio è spesso causa di povertà. La maternità non è tutelata, anzi, non di rado è motivo di licenziamento preventivato da parte del datore di lavoro. Ma soprattutto non trova conforto la solitudine delle donne con maternità difficili, che avrebbero bisogno del massimo sostegno, ma che spesso sono abbandonate a se stesse.  Resta disattesa e inattuata, nella sua parte preventiva, la legge 194.

A riguardo, la presidente Carli ha rivolto un accorato appello alle istituzioni e alla politica affinché investano in politiche di sostegno, che aiutino soprattutto i giovani nel loro progetto di crearsi una famiglia, contrastando così la grave denatalità che attanaglia l’Italia e la Puglia.

Nel suo intervento, la dottoressa Marinuzzi ha portato la sua esperienza nell’ambito del sistema scuola che, pur facendo grossi sforzi, non ha tenuto durante la pandemia, anche per la discutibile decisione in Puglia di chiudere gli istituti. Ha poi raccontato l’iniziativa dei comitati dei genitori e la nascita dell’APS Scuole Diffuse di Puglia, che propone nel processo di formazione integrale dei propri figli la collaborazione con la  scuola attraverso progetti con nuovi percorsi e moduli di apprendimento in spazi alternativi e metodo individualizzato. 

Il Comune, in particolare il I Municipio, continua a essere vicino alle famiglie disagiate e con figli in difficoltà, coordinando e aiutando il volontariato nelle azioni di sostegno materiale.

La riflessione si è conclusa con la considerazione che la tutela dei diritti dei bambini e dei ragazzi non possa prescindere dalla tutela del loro diritto al futuro. Non c’è futuro senza bambini, non c’è speranza senza le giovani generazioni. Quindi  non ci sono scappatoie, l’invito è a impegnarsi  tutti: istituzioni civili ed ecclesiali, politica, scuola, famiglie e associazioni, per promuovere la cultura dell’accoglienza e della cura dei più piccoli in formazione, costruendo per loro un futuro in rete con azioni comuni e sussidiarie per il bene di tutta la comunità umana.   

«Maternità, una risorsa ancora poco valorizzata», l’appello di DonneXDonne

«La pandemia per le donne non è stata certo una passeggiata, se da una parte ci ha consentito di rimanere a casa con i nostri cari e di restituire alle relazioni la giusta centralità, dall’altra ci ha fatto percepire quanto faccia la differenza l’esserci o il non esserci nel prenderci cura dei nostri figli e dei nostri cari. Ci siamo prese cura dei nostri figli rimasti a casa per la pandemia e degli anziani genitori. Un lavoro intenso che ci ha costrette a fare le equilibriste e i tripli salti mortali per organizzare il tempo e gli spazi domestici in questa fase di lunga emergenza sanitaria. Sempre in bilico tra trovare il tempo per lavorare e quello per seguire i figli nelle attività didattiche, farli giocare, e animare le loro giornate; non far mancare spesa e compagnia ai nonni. Se si è fortunate condividendo il peso con compagni di vita collaborativi, altre volte da sole senza nessun aiuto.

Malgrado lo smartworking, molte donne hanno dovuto ritirarsi dal lavoro per poter gestire meglio la situazione. Un lavoro non retribuito, il nostro, che ha un valore in realtà neanche quantificabile in termini economici, non perché sia basso, ma perché immensamente alto. Abbiamo provato più volte come Forum a chiedere alle istituzioni di provare a quantificare, in termini di PIL, il reddito che produrrebbe il lavoro di una madre. Tra servizi di assistenza bambini, servizi ristorazione, lavanderia e pulizie varie, spesa…siamo sicuri che il Pil Italiano raggiungerebbe livelli altissimi. Fa riflettere come già dagli Stati Uniti sia partito – portavoce Charlize Theron – un “Piano Marshall per le mamme”, con riferimento al celebre piano per la ripresa europea implementato per favorire la ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale, di cui si fanno portavoce note imprenditrici, attiviste e celebrità. Da alcune ricerche emerge infatti che negli Usa oltre due milioni di donne hanno perso il loro impiego tra febbraio e ottobre 2020, e altri milioni di mamme sono state costrette a ridurre le ore lavorative o a fare orari impossibili per dedicarsi alla cura dei figli rimasti a casa da scuola.

Anche in Italia i dati ISTAT mostrano una situazione difficile per le donne, soprattutto se mamme. Il 55,9% delle lavoratrici, infatti, ha perso il lavoro in seguito alla pandemia. Il problema riguarda soprattutto chi è titolare di contratto a tempo determinato, con conseguenze facilmente immaginabili sulla serenità delle madri e delle famiglie. Un piano dunque che chiede investimenti a supporto di una enorme fetta di popolazione che svolge un lavoro non retribuito. La storia recente ci rimanda un aspetto importante delle donne, che in questi anni era stato sottinteso o volutamente occultato: la nostra attitudine a prenderci cura della vita e dell’umano, la nostra attenzione ai figli e ai genitori quando anziani. Attitudine che vogliamo ribadire ed essere riconosciuta e adeguatamente valorizzata perché altrimenti non si accetta che una dimensione irrinunciabile del femminile è la maternità.

Auspichiamo che questa istanza venga presto fatta propria anche in Europa e soprattutto in Italia, senza il timore di pensare di svalutare il ruolo della donna».

DonneXDonne Forum delle Associazioni Familiari