Rischio chiusura per i servizi educativi, la denuncia delle associazioni

Confcooperative Federsolidarietà Puglia, Lega coop sociali Puglia, Fism Puglia, Forum Terzo Settore e Associazione Acsemi denunciano una situazione ormai insostenibile per tutti i servizi educativi per i minori della Regione Puglia.

«L’assessorato al Welfare, settore servizi minori e famiglie, appare inequivocabilmente responsabile del ritardo nell’applicazione dell’azione 8.6 del FSE 14/20 e tutto il sistema è costretto a chiudere – si legge in un comunicato stampa congiunto -. Sono 500 le strutture educative per minori che accolgono 10mila bambini e occupano oltre 5mila persone, per il 95% donne, che stanno accogliendo i minori già dal 1° settembre così come previsto dall’avviso rivolto alle famiglie, ma non possono fatturare le loro prestazioni per i ritardi regionali. Dal prossimo mese di febbraio, tutti i Servizi saranno costretti a richiedere alle famiglie il pagamento dell’intera retta; ciò comporterà verosimilmente la rinuncia alla frequenza dei propri figli con la conseguenza di dover chiudere.

Siamo consapevoli – prosegue il comunicato – che è necessario il controllo rigoroso dell’ufficio al Welfare per qualificare i servizi rivolti alle famiglie, ma i tempi dei procedimenti amministrativi previsti dalla Legge e dagli stessi provvedimenti regionali devono essere rispettati. L’ufficio al Welfare non può considerarsi esente da responsabilità, anche gravi, visti i ritardi amministrativi accumulati. Invitiamo caldamente la Regione al rispetto dei termini, già ampiamenti scaduti da mesi, e chiediamo il riconoscimento di indennità alle strutture in sofferenza che consenta, a stretto giro, di pagare lo stipendio a migliaia di operatori. Sono 30 milioni di euro i fondi europei assegnati per l’anno educativo 2020/2021 alle famiglie per garantire un accesso a servizi estremamente costosi, a cui dovranno essere aggiunti almeno altri 20 milioni.

Al Presidente Emiliano, che ha trattenuto a sé la delega fino a oggi, e al nuovo Assessore Rosa Barone, chiediamo di intervenire per risolvere già nei prossimi giorni e senza ulteriori indugi la questione, nonché di assegnare altrettanto immediatamente agli Ambiti le ulteriori risorse necessarie, affinché non siano sempre i lavoratori privati e le famiglie a pagare per gli ingiustificati ritardi della Pubblica Amministrazione».

Chiusura delle scuole in Puglia, grave errore di prospettiva

Francia e Gran Bretagna, con situazioni di contagio nettamente peggiori rispetto alle nostre, chiudono tutto tranne le scuole. In Puglia si fa esattamente il contrario, penalizzando migliaia di studenti e di famiglie per porre un argine tardivo alle inadempienze del Governo regionale.

Nell’estate appena trascorsa, mentre si aprivano i confini ai turisti e si impegnavano energie e risorse in campagna elettorale, poco o nulla è stato fatto per garantire condizioni sicure di trasporto ai tantissimi ragazzi che viaggiano per raggiungere le proprie scuole. Eppure i dirigenti scolastici hanno compilato monitoraggi periodici e dettagliati, dando alla Regione Puglia tutto il tempo di prendere i necessari provvedimenti, potenziando le infrastrutture.

Allo stesso modo, dato il fisiologico aumento dei contagi collegato alla riapertura, si sarebbe dovuto prevedere un rafforzamento del sistema sanitario regionale, magari con unità mobili fuori dalle scuole per effettuare rapidamente i tamponi ed evitare anche il sovraccarico di lavoro per pediatri e medici di famiglia. Invece no, si chiudono i cancelli delle scuole dopo un solo mese di lezioni, perché qualcosa, a monte, non ha funzionato. E la colpa non è certo dei presidi e dei docenti, men che meno degli studenti. Quello della Regione Puglia è stato un grave errore di prospettiva.

Le scuole sono luoghi nei quali si rispettano regole e sono applicati protocolli rigidi. Ora nel tempo libero questi bambini e questi ragazzi, poiché nessun lockdown impedisce loro gli spostamenti, si incontreranno nei parchi, nelle piazze e per le strade, con il rischio reale di un peggioramento della situazione.

Nel frattempo, la responsabilità di gestire i figli nella didattica a distanza ricade inevitabilmente sui genitori. Su quelli che “si possono permettere” lo smart working, già di per sé non poco faticoso, e quelli che invece sono ancora tenuti a recarsi in ufficio, in fabbrica, in ospedale, nelle attività commerciali regolarmente aperte. È un peso ulteriore che le famiglie pugliesi non possono permettersi di portare ancora a lungo, già stanche e stremate psicologicamente ed economicamente.

Contraccezione d’emergenza senza ricetta per le minorenni, il Forum: «Scelta irresponsabile»

Non sarà più necessario l’obbligo della prescrizione medica per dispensare anche alle minorenni ulipistral acetato (EllaOne), il farmaco utilizzato per la contraccezione di emergenza fino a cinque giorni dopo il rapporto. Lo ha stabilito l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) con la Determina n. 998 dello scorso 8 ottobre.

«Una scelta superficiale e irresponsabile. Quest’autorizzazione è un’umiliazione per le donne: solo chi non ha mai vissuto sulla propria pelle la pesantezza di una scelta tanto delicata, fatta in preda al panico e alla paura delle conseguenze, può consentire una tale azione»: così la vicepresidente nazionale del Forum delle associazioni familiari e responsabile del progetto “Donne per le donne”, Emma Ciccarelli, ha commentato la determina Aifa con cui cessae l’obbligo di prescrizione della cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo” per le minorenni.

«La donna conosce le criticità e la drammaticità di una scelta così estrema, che lascia per tutta la vita ferite indelebili nel corpo e nell’anima. Non basta avvertire nel bugiardino che “non è un farmaco da utilizzare regolarmente” se poi le ragazze – minori e dunque, per la legge italiana, non in piena facoltà d’intendere e volere – vengono lasciate sole a se stesse. Questa non è libertà: è scaricare ancora una volta sulle donne, specie in una fase assai delicata qual è l’adolescenza, una responsabilità di tale portata. La libertà di accesso a questo farmaco per le minorenni equivale a mettere nelle loro mani un oggetto pericoloso e poi lavarsene le mani, favorire la deresponsabilizzazione a buon mercato, banalizzare la sessualità oltre che abdicare al compito educativo di noi adulti», conclude Ciccarelli.

“Puglia: una regione a misura di famiglia”, i candidati sottoscrittori

Di seguito l’elenco in ordine alfabetico dei candidati alle Elezioni Regionali dei prossimi 20 e 21 settembre che hanno sottoscritto il Manifesto del Forum delle Associazioni Familiari di Puglia, assumendo pubblicamente l’impegno a mettere in pratica, se eletti, azioni strutturali di Politiche familiari che contrastino in maniera efficace l’incalzante l’invecchiamento della popolazione e la denatalità.

  • Angelo Anelli (La Puglia domani – Fitto Presidente) – candidato al Consiglio regionale
  • Gianna Elisa Berlingerio (Con Emiliano) – candidata al Consiglio regionale
  • Anna Maria Capodieci (Pd) – candidata al Consiglio regionale
  • Stefania Cardo (Pd) – candidata al Consiglio regionale
  • Saverio Congedo (Fratelli d’Italia) – candidato al Consiglio regionale
  • Francesco Crudele (Italia in Comune) – candidato al Consiglio regionale
  • Domenico Damascelli (Forza Italia) – candidato al Consiglio regionale
  • Pietro Guadalupi (Fratelli d’Italia) – candidato al Consiglio regionale
  • Paolo Intino (Emiliano Sindaco di Puglia) – candidato al Consiglio regionale
  • Emanuele Lenoci (Popolari per Emiliano) – candidato al Consiglio regionale
  • Maurizio Mastrorilli (Con Emiliano) – candidato al Consiglio regionale
  • Luigi Mazzei (Italia in Comune) – candidato al Consiglio regionale
  • Francesco Paolicelli (Pd) – candidato al Consiglio regionale
  • Anna Rita Perrone (Pd) – candidata al Consiglio regionale
  • Pantaleo Piccinno (Emiliano sindaco di Puglia) – candidato al Consiglio regionale
  • Maria Lucia Santoro (Con Emiliano) – candidata al Consiglio regionale
  • Antonio Paolo Scalera (La Puglia domani – Fitto Presidente) – candidato al Consiglio regionale
  • Annagrazia Turco (Emiliano sindaco di Puglia) – candidata al Consiglio regionale
  • Sabino Zinni (Senso Civico – Un nuovo ulivo per la Puglia) – candidato al Consiglio regionale
  • Ignazio Zullo (Fratelli d’Italia) – candidato al Consiglio regionale

Per comunicare la propria adesione al Manifesto è sufficiente inviare una email all’indirizzo segreteria@forumfamigliepuglia.org.

A questo link è possibile consultare il documento in versione integrale.

Pillola abortiva, quattro domande al ministro Speranza

Apprendiamo da un tweet del Ministro della Salute, Roberto Speranza, la sua decisione di permettere il ricorso all’aborto farmacologico mediante mifepristone fino al termine della 9° settimana di amenorrea, rinunciando al regime di ricovero, così come previsto dalle Linee guida vigenti fin qui.

1.Come Ella ben sa, la redazione delle Linee Guida era stata preceduta da due diversi pareri del Consiglio Superiore di Sanità (rispettivamente del 2004 e del 2005) e da una delibera dell’AIFA del 30 luglio 2009, che evidenziavano come “i rischi connessi all’interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti alla interruzione chirurgica solo se l’interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero”; che
“l’associazione di mifepristone e misoprostolo deve essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla predetta legge e la donna deve essere ivi trattenuta fino ad aborto avvenuto”; ed infine che “tutto il percorso abortivo deve avvenire sotto la sorveglianza di un medico del servizio ostetrico ginecologico cui è demandata la corretta informazione sull’utilizzo del medicinale, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative e sui possibili rischi connessi, nonché l’attento monitoraggio onde ridurre al minimo le reazioni avverse segnalate, quali emorragie, infezioni ed eventi fatali”. Come infatti messo in evidenza dalle stesse linee guida, le maggiori complicazioni riguardano il sanguinamento con necessità di emostasi chirurgica, il grave stato anemico con necessità di trasfusione (2:1000 casi), l’infezione (ad esempio da Clostridium Sordelli, germe responsabile della maggior parte dei decessi di donne che avevano utilizzato RU 486). Da tali eventi avversi “emergerebbe un profilo di sicurezza inferiore dell’IVG farmacologica rispetto a quello dell’IVG chirurgica” (parere CSS del 18.3.2010).

Sarebbe quindi davvero importante conoscere da quali ricerche o da quali dichiarazioni di associazioni mediche siano emerse le nuove evidenze scientifiche che hanno condotto alle attuali determinazioni.

2.Come è noto, l’aborto farmacologico si basa sulla somministrazione di un farmaco, il mifepristone, che provoca il distacco dell’embrione dalla parete uterina e quindi la sua morte. Segue la somministrazione di una prostaglandina, che provoca l’espulsione dell’embrione. “L’intero processo si svolge in un intervallo temporale piuttosto lungo, quasi mai inferiore ai tre giorni e vi sono implicazioni estremamente importanti dal punto di vista psicologico sulla donna che ha deciso di seguire questo difficile e doloroso percorso.

Non è possibile stimare a priori il momento in cui avverranno la morte dell’embrione e la sua successiva espulsione. Dalla letteratura scientifica è noto infatti che, mediamente, il 5% delle donne espelle l’embrione solo dopo il primo farmaco, il 60% entro 4-6 ore dal secondo farmaco, il 20-25% entro 24 ore e il 10% nei giorni successivi” ( dalle Linee Guida nazionali sull’aborto farmacologico).

Con le nuove direttive del Ministro Speranza invece, i farmaci saranno consegnati dal medico ospedaliero (?) alla donna che dopo mezz’ora dall’assunzione della prima compressa potrà tornare a casa ad attendere da sola gli eventi. È doloroso pensare ad uno Stato che relega in totale solitudine la donna che vive uno dei momenti più terribili della sua vita, chiedendole di valutare autonomamente l’entità delle perdite, dei dolori, di decidere se rimanere a casa o andare al Pronto Soccorso…e non è difficile, purtroppo, immaginare che la gran parte di queste donne non possa contare neanche sull’appoggio di un compagno.

Sole , dunque. È questo quello a cui pensavano le donne, quando proclamavano che “l’utero è mio e lo gestisco io”? Sole fino a mettere in pericolo la propria salute? Fino al punto di vedere tuo figlio espulso dal tuo corpo e finire in un water?

Perché?

Per risparmiare in spesa sanitaria (sale operatorie, giorni di degenza, magagne con ginecologi obiettori e non obiettori?) ai tempi della pandemia da Covid?

Per una forzata lettura ideologica della realtà?

3.Eppure la legge 194 è talmente chiara da intitolarsi: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” ; e lo Stato dovrebbe assicurare tale tutela sociale mettendo in campo, almeno sulla carta, servizi pubblici e di terzo settore, operatori del servizio sanitario nazionale ed associazioni di volontariato, Comuni, ASL, Enti pubblici, per aiutare la donna a superare le cause che la spingono ad abortire (artt. 2 e 5). In tal modo, secondo il dettato della 194, la tutela sociale della maternità sarebbe garantita.

I dati della Relazione annuale del Ministro della Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194 non depongono in tal senso. Basti pensare che la maggior parte degli aborti volontari in Italia avviene entro l’ottava settimana di amenorrea, senza il tempo necessario, quindi, alla realizzazione di quegli interventi (con il datore di lavoro, con il padrone di casa, con il partner…), spesso complessi e articolati, bisognosi di tempo, necessari a sostenere la donna e permetterle di non abortire. Basti pensare che, secondo la stessa relazione, la stragrande maggioranza dei colloqui pre- IVG svolti nei consultori familiari pubblici si risolve nel rilascio del documento che abilita la donna ad abortire; e in Italia meno della metà delle donne che intende abortire si rivolge al consultorio, la struttura principe deputata alla sua tutela.

RU 486 già andava nella direzione della privatizzazione dlel’aborto quando la sua assunzione era consentita entro il 49° giorno di amenorrea, senza cioè neanche il tempo di capire se una gravidanza era in utero o era iniziata fuori di esso.

Ora, con questo provvedimento del Ministro Speranza, anche la stessa attuazione dell’aborto non sarà più risolta da mani estranee, nel breve tempo di una veloce anestesia, ma affidata alla stessa donna e alla sua solitudine.

Altro che tutela sociale! E questo in tempi di tale denatalità da rendere ancora più preziosa e irrinunciabile ogni vita.

4. E in tutto questo, l’uomo, il partner, il compagno, dov’è? Si nasconde dietro la foglia di fico dell’autodeterminazione della donna. Come noi tutti, del resto. Che celebriamo come libertà l’infinita solitudine di una donna che rinuncia a diventare madre. Che definiamo come maturità l’egocentrismo di troppi maschi eterni Peter Pan.

C’è bisogno di una cultura nuova, che riscopra il significato dell’essere uomo e dell’essere donna nella reciprocità, nella differenza e nella parità, nella capacità di costruire un progetto di vita per cui impegnarsi stabilmente insieme, che sia costruttivo, generativo, fecondo; in una parola, bello.

E lo Stato , laico, certo, deve impegnarsi in questo: perché è questo il Bene Comune.

“Le famiglie e l’emergenza Covid-19: una fotografia attuale”, presentato il report

È stato presentato questa mattina in conferenza stampa il report “Le famiglie e l’emergenza Covid-19: una fotografia attuale”, realizzato da RCS Sfera Mediagroup e Forum delle associazioni familiari.

Oltre 12.500 nuclei familiari di tutta Italia sono stati intervistati a inizio giugno su temi di stretta attualità riguardanti il post-emergenza Coronavirus, tra cui le misure del Governo durante le fasi più delicate della pandemia in Italia, le conseguenze sull’armonia familiare del lockdown prolungato, le priorità percepite come più urgenti e necessarie dalle famiglie italiane nell’immediato, nel breve e medio periodo.

Da questo totale è stato isolato un campione di 1.344 interviste, costruito in modo da essere rappresentativo della popolazione.
La ricerca è stata effettuata dal dottor Federico Gilardi dell’Area Market Research di Sfera Mediagroup con il contributo scientifico della dottoressa Emma Ciccarelli del Forum Famiglie.

«Assolutamente condivisibili le misure considerate prioritarie dalle famiglie, cioè l’assegno unico universale per ciascun figlio almeno fino a 18 anni – per il quale il Forum da tempo si batte – e la richiesta di riavvio della scuola per tutti da settembre», commenta la presidente del Forum famiglie di Puglia Lodovica Carli. «Da sottolineare – prosegue – anche la grande preoccupazione delle famiglie circa il futuro economico nazionale, particolarmente in merito al rischio di fallimento delle aziende, di perdita del posto di lavoro e di aumento della povertà.
Non sembrano al contrario significative le preoccupazioni rispetto a un aumento dei fenomeni di intolleranza e al rischio di uscita dall’UE.

La pandemia ha rotto diversi schemi dell’organizzazione sociale e ne ha mostrato le incongruenze. È tempo di rigenerazione, di cui le famiglie devono essere protagoniste riconosciute e consapevoli». 

A questo link è possibile scaricare il report integrale.