Ott 28, 2019 | Senza categoria
Gentile onorevole,
lo scorso 17 ottobre, il Forum nazionale delle associazioni familiari ha portato a Roma, in piazza Montecitorio, passeggini e seggioloni vuoti per sollecitare il mondo della politica e l’opinione pubblica sul fatto che in Italia urgono politiche per la natalità e per tenere alta l’attenzione sull’assegno unico (240 euro per figlio fino alla maggiore età, invece dei vari bonus e delle detrazioni attualmente in vigore, sul modello di altri grandi Paesi europei) e spingere affinché venga inserito già nella prossima Legge di bilancio, in discussione proprio in questi giorni. (altro…)
Giu 19, 2019 | Senza categoria
Circa 120 eventi che copriranno in modo capillare la Puglia dal Nord al Sud in 18 mesi di attività, con 9 associazioni del territorio coinvolte.
Sono solo alcuni dei numeri del progetto di sostegno alla genitorialità dal titolo GEC (Generare figli, Educare persone, Costruire futuro), con cui il Forum delle associazioni familiari di Puglia ha vinto un bando dell’Assessorato regionale al Welfare. Un progetto grande e ambizioso, che verrà presentato ufficialmente venerdì 21 giugno a Bari, nella sede di corso Alcide De Gasperi, 274/A.
Destinatari delle azioni sono le famiglie pugliesi: coppie, nuclei familiari neocostituiti, famiglie monogenitoriali e genitori separati, un capitale fatto di potenzialità e competenze, fondamentale per tornare a mettere l’accento e l’attenzione giusta alla relazione educativa all’interno di un processo ancor più importante di benessere e coesione sociale.
L’obiettivo è fare rete grazie al contributo fondamentale dell’associazionismo familiare a servizio delle persone e delle famiglie, rafforzando il tessuto locale e promuovendo la corresponsabilità educativa.
Obiettivi primari saranno la sensibilizzazione sul tema della natalità, su cui da tempo il Forum è impegnato; la creazione di una rete di sostegno e di mutuo aiuto al ruolo educativo genitoriale attraverso laboratori e attività di gruppo; la costruzione di alleanze educative sul territorio tra famiglia e altre agenzie interessate: scuola, oratori parrocchiali, associazioni.
Non meno importanti saranno l’educazione delle coppie alla conoscenza e alla tutela della fertilità e alla salute riproduttiva; lo sviluppo di buone prassi per la conciliazione famiglia-lavoro; il sostegno alle situazioni di fragilità; la promozione del benessere familiare, del rispetto dei ruoli e dell’accoglienza delle diversità.
Nelle attività, che comprendono momenti di formazione, ma anche spettacoli teatrali e tornei sportivi, saranno coinvolti numerosi comuni in tutte le sei province pugliesi. Al termine del progetto, è prevista la realizzazione di un documentario che racconterà i momenti salienti del percorso. Inoltre, attraverso la raccolta e l’analisi di dati qualitativi e quantitativi (questionari, interviste, focus group…), il Dipartimento For.Psi.Com. dell’Università degli Studi di Bari valuterà l’efficacia del processo formativo, nonché la sua sostenibilità e trasferibilità in altri contesti.
GEC è stato possibile grazie all’impegno e alla collaborazione di Anspi Puglia, Uciim Puglia, Associazione Cooperatori Salesiani, Centro Aiuto alla Vita di Mola Di Bari e di cinque associazioni del Forum delle associazioni familiari di Lecce (Consultorio della Diocesi di Lecce, Consultorio della Diocesi di Nardò Gallipoli, Csi provinciale di Lecce, Aimc provinciale di Lecce e OdV Emmanuel).
Dic 6, 2018 | Senza categoria
Implementazione di modelli “family friendly” (anche nella Pubblica amministrazione) e spinta all’autoimprenditorialità dei giovani con innalzamento dell’età per i partecipanti ai bandi regionali; investimenti nella formazione professionale e promozione di incontri con aziende e botteghe artigiane. Sostegno alla genitorialità in modo continuativo e diffuso sul territorio, con particolare attenzione alla costruzione di alleanze educative fra scuola e famiglia. Collaborazione tra servizi e tra questi e le associazioni familiari dei disabili per disegnare interventi precisi e approccio preventivo al disagio. Riforma dell’Isee, introduzione del Fattore famiglia nelle politiche fiscali regionali e comunali e rafforzamento degli sportelli Caf. Potenziamento della rete consultoriale, attualmente caratterizzata da un’estrema sanitarizzazione che esclude l’attenzione alla relazione, accreditamento dei consultori privati già riconosciuti, esenzione dai ticket per prestazioni connesse alla gravidanza. Creazione di una banca dati sulle cause delle interruzioni volontarie di gravidanza per la messa a punto di specifiche politiche preventive, istituzione di un Albo regionale di associazioni accreditate per l’accompagnamento e il sostegno, in collaborazione con i consultori, delle donne gravide in difficoltà ma desiderose di portare a termine la loro gravidanza, e promozione di reti fra i servizi pubblici per l’attuazione dell’articolo 2 della legge 194/1978. Creazione di un’Agenzia regionale della famiglia, come struttura del Gabinetto del Presidente della Regione, che monitori e si interfacci con i diversi assessorati per la costruzione di apposite misure e la valutazione dell’impatto delle politiche agite.
Sono solo alcune delle numerosissime proposte emerse dalla I Conferenza regionale sulla famiglia, tenutasi in Fiera del Levante a Bari gli scorsi 22 e 23 novembre. Sono stati infatti circa 350 i partecipanti ai quattro tavoli monotematici, dedicati rispettivamente al lavoro abilitante, alle risorse sociali ed educative, alle politiche fiscali e ai servizi di cura. Un successo in termini di numeri, ma soprattutto di valore delle idee presentate dalle associazioni familiari, vere protagoniste della due giorni.
«Una spinta dal basso dovuta proprio alla consapevolezza profonda delle famiglie di dover esercitare maggiormente la loro cittadinanza attiva», come ha sottolineato la presidente del Forum Puglia Lodovica Carli nel suo intervento conclusivo. L’iter che ha portato alla Conferenza è infatti partito esattamente un anno fa con la Lettera aperta a Giunta e Consiglio regionali e si concluderà entro aprile prossimo con la stesura del Piano pluriennale di Politiche regionali, redatto attraverso l’applicazione della Legge sulla partecipazione (13 luglio 2017, n. 28).
«Mi sembra che questo metodo di lavoro, il metodo “dell’ascolto”, sia adeguato alla realtà in gioco. Ci auguriamo possa preludere a misure concrete in favore delle famiglie pugliesi e, in particolare, alla redazione partecipata del piano regionale di Politiche familiari , ha detto ancora la presidente Carli. «Come associazioni familiari chiediamo tempi certi e risorse dedicate. Compito del Forum sarà tutelare, custodire, rappresentare le idee e le buone prassi che sono state presentate in questi giorni e le altre che verranno».
Dal canto suo, il governatore Michele Emiliano sembra aver accettato l’invito. «Abbiamo colto questa spinta e l’abbiamo trasformata in energia propositiva», ha detto a conclusione dei lavori. Inoltre, parlando del redigendo Piano («che deve valorizzare politiche già esistenti»), il Presidente ha auspicato che esso possa diventare «una prospettiva politica per “agganciare” le altre Regioni ed essere presentato in Parlamento come proposta di legge nazionale».
Set 25, 2018 | Senza categoria
«Come genitori con figli omosessuali o transessuali apprezziamo con cuore l’intenzione della Regione Puglia di attivarsi contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.
Facendo riferimento al ddl n. 253 del 14.11.2017, ci permettiamo tuttavia di portare l’attenzione su una serie di aspetti contenuti nel documento medesimo, i quali potrebbero vanificare una parte dello sforzo che i rappresentanti della Regione Puglia si accingono a intraprendere a tutela delle persone in questione, tra cui i nostri figli». Inizia così il testo redatto da Michael Galster, presidente nazionale Agapo, Associazione genitori e amici di persone omosessuali, che si inserisce nell’ampio dibattito sulla cosiddetta “legge antiomofobia”, recentemente approvata in III e VI Commissione consiliare.
«Notiamo – prosegue Galster – che i termini discriminazione e omofobia nel documento vengono utilizzati in modo generico, con il rischio di lasciare ampio spazio a interpretazioni soggettive. Infatti, non precisando in che cosa consista specificamente la discriminazione nel mondo del lavoro, ad esempio nei diversi settori edile o della moda, l’intervento rischia di perdere ogni sua efficacia o addirittura di produrre effetti opposti. Ci sia permesso operare il paragone con un ipotetico ddl in tema di occupazione e lavoro senza fornire indicazioni in merito alle modalità e all’area su cui si intende intervenire (!).
Contrastare l’”incitamento all’odio, dichiarazioni di intolleranza, tutte le forme di discriminazione” è obiettivo di ogni persona civile. Il vero problema consiste nella difficoltà di precisare i confini di un concetto: nel nostro caso, sono forse omofobi Domenico Dolce e altre persone, quando queste si esprimono contro la Gpa (Gestazione per altri)? È proprio la genericità del ddl che mette a rischio una sua attuazione equilibrata, democratica e rispettosa della pluralità degli orientamenti culturali.
Notiamo un assai problematico uso del concetto “sesso biologico – genere sociale”, nel paragrafo in cui si legge “sesso assegnato alla nascita”. In realtà una persona nasce con un corpo sessuato, per poi interiorizzarlo psichicamente nei primi anni di vita nell’ambito di un complesso processo di elaborazione della propria identità. La locuzione “sesso assegnato alla nascita” si basa su un assioma non esplicitato, secondo il quale il genere sociale risulterebbe essere una variabile indipendente rispetto al sesso biologico, pensiero trattato in modo alquanto controverso nel mondo delle scienze sociali, rifiutato in modo deciso e pressoché unanime dalle scienze naturali, oltre che in netto contrasto con quanto vissuto a livello sensoriale dalla stragrande maggioranza dei cittadini comuni.
Anche il concetto di stereotipo di genere non risulta precisato. Non viene infatti chiarito se con l’espressione “contrasto agli stereotipi di genere” si intenda problematizzare, per esempio, determinati modelli promossi dall’industria della moda in cui si spingono le giovani donne verso comportamenti anoressici oppure se si intende correggere le scelte delle giovani coppie di genitori in merito all’educazione dei propri figli. A tale proposito va tenuto conto che le giovani coppie in genere già non trasmettono più ai loro figli ruoli rigidi del tipo “così deve essere una bambina – così deve essere un bambino” e appare pertanto ridondante rivolgere l’intervento su questo aspetto ai vari ordini di scuola statale (piuttosto ci si dovrebbe rivolgere, ad esempio, all’industria del giocattolo la cui offerta spesso è sì fortemente connotata da stereotipi di genere).
Il ddl 253 del 2017 – ed è questa la nostra più dolorosa osservazione come genitori di figli omosessuali e transessuali – propone di tutelare soltanto una parte delle persone omosessuali e conidentità di genere diversa, ossia coloro che si identificano con la sigla Lgbti. In realtà esiste un numero alto di persone omosessuali e lesbiche le quali, pur provando attrazione per lo stesso sesso, non si definisce come persona in base al proprio orientamento sessuale secondo le sopraccitate o altre sigle. Queste giungono così a subire una doppia discriminazione: quella “tradizionale” a causa di pregiudizi negativi e omofobi a cui si aggiunge quella dell’etichettamento non desiderato. A queste persone vanno pure riconosciute pari opportunità in nome di un pieno e libero sviluppo della persona umana, in attuazione dei principi della Costituzione.
Condividiamo pienamente l’intenzione di fondo del ddl, ossia quella di tutelare le persone Lgbti da ogni discriminazione. Riteniamo tuttavia che, come precisato, il documento risulti eccessivamente generico; ciò in merito a:
– le potenziali modalità di attuazione
– i confini tra discriminazione e legittima opinione
– il modello antropologico condiviso (“sesso assegnato”)
– l’inclusione delle persone omosessuali e con disforia di genere che non si riconoscono nelle categorie delle sigle Lgbti.
Agapo, in base alle Buone Pratiche maturate nel corso della sua lunga esperienza, si rende disponibile, in conformità all’articolo 5 del DDL n. 253/2017, a realizzare “attività e iniziative di informazione, consulenza e supporto in favore delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali, transgender e intersex, dei loro genitori e delle loro famiglie” (comma 1); inoltre ad “attività di formazione specifica di operatrici e operatori dei settori, valorizzando esperienze e competenze maturate dalle organizzazioni operanti nell’ambito del contrasto alle forme di discriminazione e di violenza delle persone, per favorire la condivisione di saperi e competenze tra le figure professionali che operano nei servizi sia pubblici che privati” (comma 2)», conclude Galster.
Set 21, 2018 | Senza categoria
Ieri il ddl n. 253 del 14/11/2017 sulle “Norme contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dell’identità di genere” è stato approvato a maggioranza nella seduta congiunta di III e VI commissione consiliare. Il Forum, come già fatto in precedenza, ribadisce il suo NO al provvedimento, almeno nella sua forma attuale.
Sì, certo, siamo contro ogni forma di discriminazione: nei confronti delle persone omo o transessuali, come nei confronti delle persone portatrici di disabilità, degli immigrati,delle persone di colore, delle donne…
- E allora perché il testo del ddl 253/17 si riferisce unicamente alle persone omosessuali? Forse un disabile è meno discriminato? Soprattutto quando, dopo aver compiuto la maggiore età, in pratica scompare dalla vita civile?
Siamo contro la continua migrazione dei nostri giovani alla ricerca di un lavoro dignitoso nelle regioni del Nord Italia o in altri Paesi, al cui Pil ed al cui erario contribuiscono dopo un faticoso processo formativo supportato da risorse locali.
E allora perché l’articolo 2 del cosiddetto ddl antiomofobia prevede “misure di accompagnamento in grado di supportare le persone che risultino discriminate (…) per il loro orientamento sessuale o dall’identità di genere, nella individuazione e costruzione di percorsi di formazione ed inserimento lavorativo”?
Perché non fare altrettanto per i nostri giovani e in particolare per le donne che tentano di inserirsi nel mondo del lavoro, specialmente se in epoca fertile o addirittura in gravidanza? Vogliamo far finta di non sapere quante dimissioni in bianco vengono fatte firmare dalle ragazze in procinto di essere assunte per essere utilizzate in caso di gravidanza? Non è discriminazione questa? E perché non viene sanzionata dal ddl?
Evitiamo che dalla discriminazione si passi al privilegio.
- Nell’articolo 3, che prevede corsi di aggiornamento antiomofobia nelle scuole per studenti, docenti e famiglie, non c’è traccia della salvaguardia della primaria responsabilità educativa dei genitori nei confronti dei propri figli, prevista dalla Costituzione, e della comune costruzione di buone prassi educative fra scuola e famiglia, così come già previsto dalle Linee guida nazionali del Miur “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” (predisposte dall’allora ministro Fedeli) e dalla Legge 107/2015 sulla Buona scuola.
“Perché la Regione Puglia vuole sostituirsi allo Stato in questa funzione che non le appartiene?” (L. Stellacci).
Insomma, se gli orientamenti nazionali promuovono e valorizzano il rafforzamento dell’alleanza fra le due principali agenzie educative, famiglia e scuola, il testo del ddl regionale va nella direzione opposta.
Ci chiediamo inoltre: chi dovrebbe organizzare e tenere questi corsi? In base a quali criteri saranno individuati enti e associazioni idonei? Quali contenuti saranno proposti e veicolati? In base a quale impostazione culturale e scientifica? Non basta avere assicurazioni più o meno generiche sull’espunzione dell’ideologia gender dal testo del ddl. Già ora in esso non esiste alcun esplicito riferimento , ma nulla di chiaro ci viene detto circa i contenuti che verrebbero proposti nelle scuole.
Questo testo dimentica che da circa 15 anni esiste l’autonomia scolastica e che questo provvedimento rischia di violarla. Decisioni in merito spettano infatti agli organi collegiali di ogni singolo istituto e non possono essere prese né dalla Regione né dall’Usr.
- La Puglia non è una Regione particolarmente omofoba, come abbiamo dimostrato , numeri alla mano, in più occasioni. La stessa scelta di un Presidente dichiaratamente omosessuale che l’ha governata per ben 10 anni evidenzia chiaramente l’assenza, o almeno la limitata presenza di pregiudizi omofobici nella popolazione pugliese.
- Infine, questo ddl si occupa di questioni che meritano profondo rispetto, delicatezza, competenza e onestà intellettuale e che richiedono attenzione, approfondimento, superamento di vecchi e nuovi stereotipi: ad esempio quello per cui la principale problematica della persona omosessuale sia l’omofobia, senza tener presente che, se pure essa è presente nella società, non è esclusivamente da essa che dipende quel profondo disagio che non di rado è presente nella persona omosessuale.
Ogni caso di discriminazione è apertamente da combattere e condannare, ma evitiamo di farlo in maniera superficiale e ideologica.
Invitiamo pertanto il Consiglio regionale a revocare il cosiddetto ddl antiomofobia, o almeno a riscriverne le parti principali secondo le indicazioni che abbiamo espresso reiteratamente in questi mesi.