Ott 17, 2019 | Eventi
Oggi, giovedì 17 ottobre alle 15, il Forum nazionale delle associazioni familiari porterà in piazza Montecitorio, a Roma, passeggini e seggioloni per sollecitare il mondo della politica e l’opinione pubblica sul fatto che in Italia urgono politiche per la natalità. Non solo: si cercherà di tenere alta l’attenzione sull’assegno unico (240 euro per figlio fino alla maggiore età, invece dei vari bonus e delle detrazioni ora in vigore) e spingere affinché venga inserito già nella prossima Legge di bilancio, in discussione in questi giorni.
Il Forum di Puglia aderirà alla manifestazione supportandola con una campagna social che lancerà su Facebook, Twitter e Instagram l’hashtag #assegnounico.
Questa misura «può essere un passo veramente importante nella lotta alla denatalità – dice la presidente del Forum regionale delle associazioni familiari Lodovica Carli – e nell’ambito delle politiche a sostegno delle famiglie, perché si tratta di un provvedimento universale, finalmente aperto a tutti, indipendentemente dal reddito, fra cui i giovani costretti a lavorare con Partita Iva o con impieghi precari. Ne va del futuro stesso della nostra società, che nel giro di qualche anno non sarà più in grado di sostenere il welfare, la sanità, le pensioni».
La Presidente rimarca l’importanza di contrastare l’inverno demografico anche in Puglia, cogliendo nella manifestazione di oggi un’ulteriore occasione per chiedere a gran voce al governatore Michele Emiliano che venga stilato e approvato in tempi brevi il Piano regionale di Politiche familiari, per il quale tanto si sono spesi il Forum e le sue associazioni nei mesi scorsi, a partire dalle proposte avanzate durante la Conferenza regionale tenutasi nel novembre 2018, quasi un anno fa.
«Chiediamo ai parlamentari eletti in Puglia in ogni schieramento e alla Giunta e al Consiglio regionale pugliese di impegnarsi al più presto per l’approvazione dell’assegno unico a livello nazionale e del Piano di politiche familiari a livello regionale», conclude.
Set 7, 2019 | Notizie
Gli ultimi dati Istat sulle nascite in Italia documentano in modo sempre più drammatico la diffusa denatalità che coinvolge tutto il nostro Paese e il Mezzogiorno in particolare. Ad essi si aggiunge il recente studio Ocse sul mercato del lavoro, secondo il quale nel 2050 in ci saranno più pensionati che lavoratori, che naturalmente dovranno essere sostenuti da questi ultimi.
Di anno in anno stiamo inanellando record negativi circa il numero delle nascite, che hanno ormai raggiunto livelli ampiamente inferiori a quelli registrati durante la seconda guerra mondiale e addirittura all’epoca dell’Unità d’Italia. E le previsioni per il futuro non sono certo rosee, poiché la denatalità, che l’Italia ha iniziato a far registrare dagli anni ’70 del secolo scorso, ha ormai ridotto numericamente il contingente degli uomini e soprattutto delle donne in età fertile.
In questo contesto, si è capovolto completamente lo stereotipo che voleva le regioni meridionali le più prolifiche d’Italia. La Puglia, in particolare, ha fatto registrare nel 2018 solo 28.921 nuovi nati, numero nettamente inferiore alla più pessimistica delle previsioni fatte dai demografi. Attualmente nella nostra regione il numero di figli per donna è di 1.25 (contro una media nazionale dell’1.32).
La conseguenza è una riduzione della popolazione dell’1.02%, con un picco del 5,9% nella fascia d’età tra gli zero e i 14 anni. I nuovi nati sono stati l’8.4% in meno rispetto agli anni precedenti. L’età media delle donne pugliesi al primo parto sfiora ormai i 32 anni e viene procrastinato sempre più da parte delle coppie il momento di metter su famiglia; ciò comporterà inevitabilmente l’incremento di quelle senza figli o con figlio unico.
A fronte della cronica, drammatica mancanza di politiche familiari strutturali, è stato calcolato che l’incidenza della povertà assoluta è del 9.2% per le coppie con due figli e sale al 15.45% per quelle con tre e più figli; la povertà relativa invece è del 18.8% nelle coppie con due figli e di ben il 27% per quelle con tre o più figli. Dunque in Italia, al contrario che in molti altri Paesi europei, generare figli rende più poveri.
Dal 2011 il numero dei morti pugliesi supera quello dei nati; nel 2018 il saldo naturale negativo è stato di 2000 unità circa. A questo scenario, già di per sé fosco, si aggiunge il contributo dei tanti giovani che partono dalla Puglia in cerca di studio e lavoro, facendo fruttare in altre regioni o in altri Paesi i loro talenti e gli investimenti su di essi operati. Attualmente, il tasso migratorio dei giovani tra i 18 e i 24 anni oscilla da -2 a oltre -5 per 10mila abitanti a seconda della provincia di residenza: è in atto un progressivo, ingravescente invecchiamento della popolazione, con una contemporanea riduzione della fascia di residenti effettivamente produttiva. In forza del progressivo allungamento della durata media della vita, i demografi prospettano uno scenario in cui la fascia d’età più rappresentata sarà quella degli ottantenni. Come abbiamo già denunciato in passato, stiamo diventando una terra di vecchi e di badanti.
Sarebbe molto semplice ricondurre l’attuale denatalità alla crisi economica, ma si tratterebbe di una lettura miope. Secondo molti autorevoli economisti, infatti, «la crisi in corso nasce grazie al crollo delle nascite nel mondo occidentale, iniziato intorno al 1975. Tale caduta ha provocato la flessione dello sviluppo economico, l’aumento dei costi fissi (i costi sociali, con sanità e farmaci) a causa dell’invecchiamento della popolazione» e di conseguenza «l’aumento delle imposte e il crollo del tasso di crescita del risparmio prodotto» (E. Gotti Tedeschi).
Anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in occasione della sua relazione annuale, ha acceso i riflettori sull’invecchiamento rapido della popolazione, destinato a far saltare gli equilibri tra generazioni rendendo i conti pubblici ancora più insostenibili di quanto siano attualmente
È dunque indifferibile affrontare il problema.
Le cause del fenomeno sono evidenti da decenni: prima fra tutte la mancanza di politiche familiari strutturali, universali, di filiera; troppo spesso ridotte o (volutamente?) confuse con la lotta alla povertà e al disagio sociale.
In particolare la Puglia, come e più che le altre regioni del Mezzogiorno, presenta una tra le peggiori combinazioni in Europa di bassa occupazione femminile, bassa occupazione giovanile, bassa fecondità e alto rischio di povertà delle famiglie con figli minori.
Ma cambiare si può, come dimostrato da regioni italiane virtuose come il Trentino Alto Adige e da nazioni come la Francia o la Germania, che hanno visto risalire il numero dei loro nati, tramite oculati investimenti in politiche familiari: interventi universali di tipo fiscale, sviluppo dell’occupazione giovanile e femminile (quest’ultima erroneamente ritenuta un freno alla natalità); sviluppo di politiche attive del lavoro e di armonizzazione fra i tempi della famiglia e i tempi del lavoro, i cui strumenti devono sempre più avere come protagonisti non solo le Istituzioni, ma anche le aziende, attraverso misure di welfare aziendale e territoriale.
Soprattutto, occorre un profondo cambiamento culturale: quello di non considerare più la scelta di fare famiglia e di generare un figlio come un fatto privato, ma come contributo fondamentale al benessere di tutta la società, al bene comune. Per cui deve cambiare anche la cultura relativa agli interventi a sostegno della natalità, da pensare come concreto aiuto rivolto a tutte le famiglie che desiderino investire nel capitale umano del Paese.
Nel novembre 2018, il Governo della Regione Puglia, grazie alla spinta del Forum pugliese delle associazioni familiari, insieme alla Cisl, alle Commissioni di Pastorale Familiare e del Lavoro della Conferenza Episcopale pugliese, alla Federazione Medici di Medicina generale (Fimmg) di Bari e a oltre 40 associazioni, e su unanime mandato del Consiglio regionale, ha iniziato a confrontarsi con questo tema durante la prima Conferenza regionale sulla Famiglia, dedicata a “La sfida della denatalità e le politiche familiari”, definita dallo stesso Presidente Emiliano «la discussione politica più importante della legislatura».
Durante la due giorni sono stati affrontati, con l’aiuto di autorevolissimi esponenti del mondo accademico e delle associazioni familiari italiane, vaste tematiche come “Il lavoro abilitante”, “Il sostegno alla genitorialità”, “I servizi alla famiglia” e le “Politiche fiscali regionali e comunali family friendly”. Nei gruppi di studio si sono raccolti i contributi di decine e decine di associazioni familiari, direttamente coinvolte nelle problematiche affrontate, e diverse buone prassi già sperimentate. Successivamente, la Regione Puglia ha aperto uno spazio web per la raccolta di ulteriori criticità, proposte e buone prassi. Il percorso partecipativo si è chiuso con tre seminari di restituzione delle proposte pervenute, che adesso costituiscono il materiale per l’approntamento del nuovo Piano pluriennale regionale di Politiche Familiari.
È indispensabile, a questo punto, procedere con urgenza alla stesura e all’approvazione del Piano, coinvolgendo non solo lo staff dell’Assessorato al Welfare, ma anche gli Assessorati al Lavoro e alla Formazione, al Bilancio e alle Politiche giovanili, nonché le associazioni familiari che tanto hanno contribuito al processo partecipativo. Occorrono altresì tempi certi e risorse chiaramente dedicate.
L’approssimarsi della campagna elettorale per le Regionali della primavera 2020 può e deve permettere di lanciare un segnale politico chiaro, concreto e imprescindibile: la Regione Puglia deve dimostrare di essersi incamminata verso la costruzione organica di politiche familiari e di lotta alla denatalità, urgenza indifferibile per tutto il Paese, riconosciuta ma troppo spesso affrontata in modo ideologico o strumentale dalle forze politiche.
Potrebbe essere questo il segnale che dimostri finalmente la volontà politica di passare ai fatti e di fare sul serio. Noi lo aspettiamo.
Lug 1, 2019 | Approfondimenti
Con il terzo e ultimo seminario di restituzione si è chiusa la fase partecipata propedeutica alla redazione del Piano regionale di Politiche familiari, che dovrebbe essere stilato e approvato entro novembre prossimo, a un anno dalla Prima Conferenza regionale sulla famiglia, così come annunciato dalla dirigente del Servizio Minori, famiglie e pari opportunità Francesca Zampano.
L’incontro, dopo il saluto istituzionale dell’assessore al Welfare Salvatore Ruggeri, ha riproposto alla platea dei presenti quanto giunto in questi mesi sulla piattaforma online allestita da Regione Puglia. Le proposte hanno di fatto confermato i contenuti già emersi a novembre nelle macroaree 3 (Politiche economiche fiscali a favore della famiglia) e 4 (I servizi per la famiglia), le cui sintesi sono state affidate ai rapporteur Emanuele Università e Claudio Natale.
Tra le criticità sottolineate dalle associazioni e fedelmente riportate da quest’ultimo, c’è sicuramente il sottodimensionamento della rete consultoriale, sia a livello quantitativo (in particolare in provincia di Taranto), sia – a volte – a livello qualitativo. È stato sottolineato l’approccio estremamente medicalizzato messo tuttora in atto da questo prezioso servizio, malgrado l’ampliamento delle sue competenze, che privilegia l’erogazione di semplici prestazioni sanitarie, trascurando un’adeguata attenzione alle dinamiche relazionali, educative e conflittuali presenti.
In questo solco va letta la richiesta di applicare integralmente la parte preventiva della legge 194/78 (artt. 2 e 5), che prevede l’attivazione di sostegni adeguati alle donne in difficoltà, ma desiderose di portare a termine la loro gravidanza, da parte di servizi e istituzioni locali in rete fra loro e con associazioni ad hoc; da considerare in questo contesto anche la richiesta di contributi – non solo economici – per le donne in gravidanza in stato di difficoltà a partire dal terzo mese di gestazione.
Fondamentale, a tal proposito, giungere finalmente all’accreditamento dei consultori privati gestiti da enti e associazioni no-profit, già riconosciuti dalla Regione e operanti da decenni sul territorio. Ciò permetterebbe un adeguato confronto e una più profonda integrazione fra operatori, anche rispetto alle possibili modalità di azione, nonché il riconoscimento della figura professionale del consulente familiare (già riconosciuta a livello nazionale dalla Legge n. 4 del 2013). Indispensabile, inoltre, aumentare il numero di psicologi.
Altro argomento attualissimo è quello delle famiglie di figli portatori di disabilità, fra le quali particolari difficoltà hanno quelle che devono affrontare le numerose e diverse patologie dello spettro autistico. Mancano infatti in Puglia strutture adeguate ad accogliere i diversamente abili, specie minorenni. A ciò si aggiungono una carenza di sostegno e accompagnamento alla genitorialità e la scarsità di risorse economiche comunali per affrontare i problemi quotidiani. Appare necessario realizzare centri residenziali e semiresidenziali i cui operatori sappiano relazionarsi alle varie disabilità. Anche in questo caso, risulterebbe utile ampliare la rete consultoriale pubblica e privata disponibile sul territorio.
Sono stati valutati positivamente i ProVi, i Progetti di vita indipendente, già sperimentati da Regione Puglia.
L’allungamento della vita media e la costante migrazione dei giovani rendono sicuramente più critica la solitudine degli anziani. Le amministrazioni pubbliche – a tutti i livelli – peccano di strumenti e risorse, motivo per cui diventa indispensabile la sussidiarietà delle associazioni per monitorare le persone bisognose di aiuto nei singoli territori. Bisogna facilitare le imprese che garantiscono un “buon” invecchiamento grazie a ginnastica dolce, sport, digitalizzazione, oltre a favorire l’incontro intergenerazionale tra anziani e bambini.
I bambini. Sono loro l’altro elemento chiave delle Politiche familiari. Le famiglie pugliesi hanno bisogno di servizi per la prima infanzia (0-36 mesi) e poi anche negli anni successivi (3-6 anni e oltre), per poter conciliare casa e lavoro. Si richiede, pertanto, di rendere strutturale l’azione positiva dei buoni servizio – già erogati dalla Regione – estendendoli anche al cosiddetto “ceto medio”. Si propone inoltre di favorire l’accesso alla scuola dell’infanzia con un sostegno economico anche per chi sceglie gli istituti paritari.
Importante sarebbe – come più volte richiesto dal Forum delle associazioni familiari di Puglia – istituire l’Agenzia per la Famiglia, che funga da organismo di raccordo per le politiche familiari messe in atto dalla Regione.
In merito a fiscalità ed economia, le proposte hanno riguardato:
- una modifica dell’Isee che lo renda più orientato alla famiglia;
- l’introduzione del Fattore Famiglia (già in uso in altre Regioni d’Italia) come strumento per la determinazione dell’accesso alle prestazioni sociali e sociosanitarie, che agevoli in particolare le famiglie con elevati carichi di cura;
- forme di gratuità o importanti agevolazioni familiari sul trasporto pubblico locale;
- agevolazioni sulle addizionali Irpef regionale e comunale ed eventualmente su altre imposte, con particolare attenzione alle famiglie vedove e alle famiglie numerose;
- la necessità di una più stringente lotta all’evasione per recuperare risorse fondamentali.
«Quello attuale non è un fisco per i giovani – ha infine concluso il professor Vito Peragine, coordinatore scientifico della macroarea 3 -. Il costante calo demografico incide negativamente anche sulla crescita economica, per consentire la quale il contesto deve essere invece favorevole. Quel che è certo, è che le Politiche familiari non possono essere rinchiuse solo in quelle sociali», ma richiedono la collaborazione e la convergenza di numerosi Assessorati quali, ad esempio, Formazione e Lavoro, Sviluppo economico e Bilancio.
Per questo, ora più che mai, è importante guardare alla famiglia come una risorsa e non come un problema. «Perché – come ha detto la presidente del Forum Puglia Lodovica Carli – ogni figlio che nasce non è solo un bene privato, ma è soprattutto un bene sociale».