Crollo della natalità irrefrenabile, anche in Puglia

Pubblicato ieri, 29 marzo 2024, l’ultimo Report ISTAT fotografa lo stato dell’arte della popolazione italiana. Il bilancio demografico della popolazione residente è prodotto elaborando i microdati della dinamica demografica acquisiti attraverso le notifiche inviate dai Comuni al sistema ANPR ed emerge un quadro che il presidente nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, definisce «Grave. Anzi gravissima la situazione italiana. È un crollo senza fine quello a cui stiamo assistendo inerti malgrado i ripetuti allarmi. Questo crollo demografico ci sta condannando ad un futuro insostenibile dove non saremo in grado di far fronte ad una spesa sanitaria crescente perché la popolazione attiva continua a calare

Prosegue il calo delle nascite nel 2023. Secondo i dati provvisori, i nati residenti in Italia sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%).

Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%).  La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera. Questi ultimi, pari al 13,3% del totale dei neonati, sono 50mila, 3mila in meno rispetto al 2022.

Il Mezzogiorno, con un tasso di fecondità totale pari a 1,24, il più alto tra le ripartizioni territoriali, registra una flessione inferiore rispetto all’1,26 del 2022, infatti in Puglia nel 2022 sono nati 26.301 bambini mentre nel 2023 i bambini nati scendono 25.554.

In particolare, il dato aggregato per Province, ci presenta una diffusa diminuzione dei nuovi nati per tutte le province pugliesi ad eccezione della Provincia di Foggia che registra un saldo positivo passando da 4178 nati nel 2022 a 4224 nati nel 2023. Saldo negativo, invece, per tutte le altre: la Provincia di Bari passa da 8566 nati nel 2022 a 8309 nel 2023, la provincia di Taranto da 3475 nati nel 2022 a 3402 nel 2023. La provincia di Lecce registrava 4866 nuovi nati nel 2022 e scende a 4622 nel 2023, situazione analoga anche per la provincia di Brindisi che passa da 2512 nati nel 2022 a 2355 nel 2023 e lieve flessione anche per la Provincia di Barletta – Andria – Trani che registra 2642 nati nel 2023 a fronte del 2704 nati nel 2022.

La popolazione residente in Puglia al 1° gennaio 2024 scende a 3.890.250 rispetto alla popolazione residente al 1° gennaio 2023 che poteva contare su 3.907.683 cittadini.

«Dati, quelli pubblicati dall’ISTAT – commenta Giovanni Gallo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Puglia – risultano tristemente coerente con l’allarme che il Forum delle Famiglie lancia da diversi anni, sia a livello nazionale che a livello locale. Occorre ribadire l’urgenza, non più procrastinabile, di un’azione sinergica a sostegno della Natalità nella nostra Regione Puglia. Tanti piccoli comuni delle aree interne sono soggette ad una costante diminuzione della popolazione a cui, in questo momento, neppure le politiche di attività e d’integrazione risultano sufficienti per contrastare questo fenomeno. Una Regione vocata al Turismo come la nostra Puglia, rischia di perdere nel tempo gran parte del proprio patrimonio materiale e immateriale che la rende “unica” agli occhi del mondo, banalmente perché non ci sarà più nessuno. Noi questo non lo vogliamo e lanciamo l’invito ai nostri Amministratori Regionali per riattivare un processo di partecipazione che ci permetta di cercare, insieme, soluzioni efficaci e strutturali.”

Delibera madri fragili, il Forum si appella nuovamente alla Giunta con una lettera  

Le associazioni familiari: «Questione non politica, ma di civiltà»

Centralità nel dibattito sociale per gravide fragili che vogliono portare a termine la loro gravidanza. E’ questo il messaggio che il Forum delle famiglie di Puglia vuole lanciare alla Regione inviando oggi una nuova lettera indirizzata al presidente Emiliano e ai componenti della Giunta allo scopo di portare ancora una volta l’attenzione verso la delibera sul sostegno alle donne incinte in difficoltà, approvata dal medesimo organo regionale nell’aprile scorso in accordo con gli ambiti territoriali, consultori familiari pubblici e Asl e congelata dopo le polemiche nate dalla stampa e dal centrosinistra.

Il Forum apre la lettera con i dati allarmati sulla natalità della Puglia che mostrano come nel nostro territorio da inizio del Duemila sono calate le nascite di circa 14 mila unità passando da 44 mila del 2002 a 26 mila del 2022 (fonte Ipres), mentre nei primi sei mesi del 2023 mostrano un andamento inferiore al 2019 di circa 1.100 nati in meno (-8,4%). Tra i dati esposti nella lettera c’è anche quello del crollo delle nuove nascite, infatti Il tasso di fecondità pugliese (1,22) è tra i più bassi fra le regioni italiane e nei primi sei mesi del 2023 sono nati rispetto al 2019 circa 1.100 nati in meno (-8,4%).

Le associazioni hanno poi ricordato quanto fatto a favore delle famiglie da parte del Governo con il la legge di Bilancio e, nel recente passato, in Umbria, nel Piemonte e nel Lazio con i bonus per le madri fragili:  «Possibile che la questione dell’accompagnamento di famiglie e donne che affrontano una gravidanza in situazioni di grave disagio economico, sociale e psicologico sia ancora un tabù nella sinistra? – domandano le associazioni nelle lettera –  Possibile che questioni complesse debbano ancora essere trattate con ragionamenti binari: pro o contro, bianco e nero, quando spesso ci sono ampie zone grigie?  Possibile che la Giunta regionale e il presidente Emiliano abbiano avuto timore di andare avanti su questo provvedimento di civiltà? In politica gli spazi lasciati vuoti vengono coperti da altri.  La questione non è di destra o di sinistra, ma di civiltà».

Le associazioni hanno poi ribadito il ruolo cardine della donna nella società contemporanea in qualità di caregiver dei figli e mediatrice dei conflitti famigliari abbandonata dalla politica contemporanea a gestire queste incombenze in totale solitudine e, di conseguenza, della fondamentale centralità della delibera sospesa per portare sollievo alle madri in difficoltà.

«Le misure previste dalla delibera a sostegno delle donne in attesa erano molteplici e principalmente orientate a offrire servizi: sostegno psicologico, mediazione familiare e tanti altri (come le biblioteche solidali) e, ove necessario, un sostegno economico. Sì, perché in molti casi c’è bisogno anche di un sostegno economico temporaneo assieme alla dimensione più strutturale dell’offerta di servizi di accompagnamento»

«Migliorare la delibera si può, ai sensi degli articoli 2 e 5 della legge 194, ma è importante farlo in tempi brevi e certi e senza timori – concludono le associazioni -, non ricadendo in vecchie parole d’ordine, perché quello de “La realtà è superiore all’idea” è un principio alla base delle questioni dei beni comuni e dalla pace sociale».

«Il Forum delle famiglie che si è impegnato con forza per costruire la delibera a favore delle madri fragili che vogliono portare a termine la loro gravidanza si augura che questa possa essere ripresa – dichiara la presidente Maria Lodovica Carli – e applicata in modo da dare supporto alle cittadine del nostro territorio; le associazioni competenti sono pronte a collaborare con gli ambiti territoriali e i servizi pubblici per dare nei vari territori sostegno alle madri fragili».

Denatalità e spopolamento, urgente invertire il trend. Valuteremo i candidati alle Regionali su questi temi

Il 2019 si è chiuso con la pubblicazione dei dati dell’Annuario Statistico italiano, che ha messo in evidenza, in particolare, il continuo calo della natalità nazionale e regionale, con le sue ricadute in termini di sostenibilità del welfare e di ripresa economica in forte rischio, visto il progressivo restringersi della base produttiva, che – si calcola – si ridurrà di circa un milione di unità nel giro di un decennio.

In Puglia, ad esempio, i bambini nati nel 2018 i bambini sono stati meno di 29mila. Nel corso del decennio 2008-2018 le nascite sono calate di oltre 9mila unità. Sono aumentati invece di circa 4.600 unità i morti, raggiungendo quota 39mila nel 2018. Va da sé che il saldo naturale (nati meno morti) è negativo già da tempo (2011-2012), e la forbice continua ad allargarsi. Aggiungendo a questi dati anche l’intenso flusso migratorio – sono 12mila i pugliesi andati altrove nel 2018 – la popolazione è diminuita di circa 40mila abitanti tra il 2015 e il 2018.

Altro trend importante che i dati Istat mostrano è l’aumento del numero dei nuclei familiari italiani, caratterizzati però da dimensioni sempre più contenute, fino ad avere un numero di nuclei composti da una sola persona giunti ormai al 33% del totale, praticamente identico a quello delle famiglie con figli (33.2%). Si tratta di due indicatori che, se messi insieme, dicono molto dei mali del nostro Paese, specialmente del nostro Sud.

Al netto delle grandi modificazioni socio-culturali degli ultimi decenni, comuni a tutti gli Stati occidentali, è importante distinguere fra scelte personali circa il modo di vivere, il desiderio di impegnarsi nelle relazioni affettive e di mettere al mondo dei figli; e pseudo-scelte imposte dal contesto in cui vivono i nostri giovani. Gli studi mettono infatti in evidenza che il desiderio di figli dei giovani ventenni italiani non è differente da quello espresso dai loro coetanei francesi. Ma, a trent’anni, gli stessi ragazzi in Francia hanno già messo in atto gran parte dei loro propositi; in Italia invece o non hanno proprio messo mano al loro progetto familiare e riproduttivo, o vi hanno rinunciato, non ritenendo di riuscire a maturare le condizioni per realizzarlo.

In particolare, come dice il professor Alessandro Rosina, «quello che caratterizza il nostro paese è – all’interno del mondo che cambia – la carenza di strumenti di policy in grado di sostenere le scelte individualmente desiderate, come costruire una famiglia ed avere dei figli, che hanno ricadute positive sullo sviluppo economico e sulla sostenibilità sociale. Promuovere le condizioni di autonomia e di lavoro dei giovani e delle donne – mettendoli non solo nelle condizioni di realizzare le scelte professionali, ma anche di integrarle al rialzo con i progetti di vita e familiari – è la strada maestra per le società moderne avanzate che vogliono continuare a essere vitali. L’alternativa – attualmente lo scenario più plausibile per l’Italia – è trovarsi sempre più a essere un Paese che invecchia e che, oltre agli anziani soli e a chi è single per scelta, vincola nella condizione di famiglia unipersonale anche chi avrebbe desiderato formare una famiglia più ricca e articolata».

L’Italia non è un Paese per giovani, dunque. E neanche la Puglia lo è, visto che la fascia 0-14 anni era al 13,1% nel 2018, contro il 22% degli over 65 (erano rispettivamente il 15,3% e il 18% nel 2008). Valori che tenderanno a peggiorare abbastanza rapidamente nei prossimi anni, se non si inverte già da ora il trend. Nel 2025, in base alle proiezioni più recenti dell’Istat, gli over 65 saranno poco più del doppio dei ragazzi a causa sia della minore natalità, sia dalla maggiore speranza di vita delle persone.

Insomma, una nazione come la nostra, caratterizzata da elevato debito pubblico e da ingravescente invecchiamento della popolazione, non può permettersi il lusso di non investire sulle nuove generazioni, del cui contributo qualificato ha invece assoluta necessità. È tutta la comunità che beneficia della possibilità che la transizione alla vita adulta si compia con successo, consentendo alle nuove generazioni di realizzare i propri obiettivi professionali e i propri progetti di vita. Se chi si affaccia alla vita adulta non trova lavoro, non forma una famiglia, non ha figli, progressivamente è tutta la società che si impoverisce e implode.

I dati ci dicono invece che abbiamo una delle percentuali più elevate in Europa di dispersione scolastica, oltre che una delle percentuali più basse di chi arriva a laurearsi. A parità di livello di istruzione, più deboli risultano le competenze di base e avanzate (come evidenziato anche nel recente Rapporto “Pisa” 2018 dell’Ocse). Queste fragilità formative, assieme alla carenza di servizi efficienti di riqualificazione e di incontro tra domanda e offerta, stanno alla base anche del record italiano di “Neet”, ovvero di under 35 che non studiano e non lavorano. Al contrario, paradossalmente, chi è ben formato e ha un elevato titolo di studio è a rischio overeducation, ovvero di svolgere un lavoro che richiede livelli più bassi rispetto alla propria preparazione. Per molti di questi ragazzi la scelta è tra rassegnarsi a non dare il meglio di sé o provare a cercare migliori opportunità all’estero.

Per cui oggi il vero problema, specialmente al Sud, non è frenare le immigrazioni di cui, se ben governate, abbiamo invece bisogno; ma affrontare l’urgenza delle continue emigrazioni dei giovani, specialmente se laureati o particolarmente qualificati, verso altre nazioni europee di cui andranno ad alimentare il PIL. Ne abbiamo già persi 800mila in due anni!

Finora siamo partiti dalla fine, ovvero dal garantire benessere e sicurezza delle vecchie generazioni, per poi risalire via via verso i più giovani, a cui destinare ciò che rimaneva come risorse pubbliche. Dobbiamo invece avere il coraggio di invertire l’approccio: partire prioritariamente dall’investimento nella formazione delle nuove generazioni, passando attraverso la promozione del loro ruolo attivo, per arrivare a ottenere anche una demografia più solida, un welfare più sostenibile, un maggior dinamismo economico, che aumenta la ricchezza da redistribuire verso tutti e a favore di una vita di qualità sempre più lunga.

In molte Regioni, Puglia compresa, il 2020 è anno elettorale. Proviamo a valutare programmi e candidati su questi temi e sulle scelte operate o proposte.

Altrimenti il nostro futuro è già scritto. Senza bisogno di oroscopi.

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